Con la pronuncia n. 2183 del 30 gennao 2013 la Corte di Cassazione ha sancito che l’abbandono del tetto coniugale non comporta l’addebito della separazione qualora la convivenza tra i coniugi sia diventata intollerabile, confermando una pronuncia della Corte d’appello di Firenze che aveva escluso l’addebito della separazione ad una signora che, dopo aver abbandonato il tetto coniugale, aveva presentato domanda di separazione.
Tale sentenza si inserisce nella corrente giurisprudenziale sviluppatasi a partire dal 2007 che ha interpretato i requisiti necessari per la separazione giudiziale contenuti nel primo comma dell’art. 151 del Codice civile, “La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole”, in chiave soggettiva, ovvero ritenendo necessario il venir meno della volontà di vivere assieme a prescindere da una individuazione oggettiva dei fatti che abbiano reso intollerabile la prosecuzione della convivenza.
Nel caso di specie, infatti, la Corte di Cassazione ha ribadito come sia necessaria una prova oggettiva delle circostanze che abbiano comportato il venir meno della volontà di convivere ma che tale oggettività “delle circostanze a base della disaffezione di uno dei coniugi tale da rendere intollerabile per il medesimo la prosecuzione della convivenza, non va confusa con l’addebitabilità delle medesime circostanze all’altro coniuge”.
Non è necessario, quindi, “accertare[…] i comportamenti del ricorrente contrari ai doveri del matrimonio, sui quali il medesimo ricorrente si sofferma”; è sufficiente infatti verificare ” in base ai fatti oggettivi emersi, la disaffezione maturata […]”.
Nel caso concreto, la Corte ha ritenuto corretto quanto evidenziato dalla Corte d’Appello di Firenze che aveva ritenuto provata la disaffezione della signora sulla base delle “seguenti circostanze: a) la pregressa, risalente separazione dei coniugi, che era indice, a suo giudizio, di una unione non felice; b) l’età – settant’anni – della signora allorché si allontanò dalla casa coniugale, che indicava come l’infelicità avesse superato, per lei, il limite della tollerabilià, perché a un’età avanzata si ha in genere bisogno di stringersi ai propri cari, per riceverne solidarietà morale e materiale, piuttosto che allontanarsene”.