La violazione dei doveri coniugali, qualora sia la causa dell’impossibilità della convivenza tra due coniugi, è un elemento idoneo a causare l’addebito della separazione.
Questo è oramai un principio molto consolidato nel diritto di famiglia, soprattutto con riferimento alla violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale da parte di uno dei coniugi, nonché in caso di abbandono del tetto coniugale da parte di uno degli stessi.
Sul punto la Corte di Cassazione si è espressa innumerevoli volte ma, specialmente tra i soggetti che non hanno uno stretto rapporto con il diritto, gli effetti causati dalla violazione dei sopraindicati doveri coniugali continuano ad essere poco chiari.
In una recente pronuncia degli inizi di Febbraio di quest’anno, la Cassazione ha riassunto in modo molto chiaro l’orientamento dominante in materia.
In modo particolare, con riferimento alla violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale, la Corte ha richiamato una propria decisione del 12 giugno 2006, la n. 13592, secondo cui tale obbligo “ …costituisce oggetto di una norma di condotta imperativa, la cui violazione, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, determina normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e costituisce, di regola, causa della separazione personale, addebitabile al coniuge che ne è responsabile, sempre che non si constati la mancanza di un nesso di causalità tra l’infedeltà e la crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una rottura già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale…”.
Analogo discorso può essere fatto anche con riferimento all’abbandono del tetto coniugale da parte di uno dei due coniugi giacché, come indicato nella pronuncia n. 10719 del 2013, tale comportamento “…che di per sè costituisce violazione di un obbligo matrimoniale e, conseguentemente, causa di addebito della separazione, in quanto porta alla impossibilità della convivenza, non concreta tale violazione se si provi – e l’onere incombe a chi ha posto in essere l’abbandono – che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto è…”.
Pertanto, è fondamentale ricordare come non sia sufficiente la mera violazione di un dovere coniugale per provocare l’addebito della separazione ma è necessario che proprio da tale violazione sia derivata l’impossibilità di protrarre oltre la convivenza tra i coniugi.
Da ciò scaturisce il principio affermato dalla stessa Corte secondo cui “grava sulla parte che richieda, per l’inosservanza degli obblighi familiari, l’addebito della separazione all’altro coniuge l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre, è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata violazione del dovere derivante dal matrimonio”.