Il tema dei danni provocati dall’aminato nei luoghi di lavoro, così come nelle scuole ed in altri contesti, è sempre all’ordine del giorno,  e sempre più rischia di esserlo, se è vero quanto affermano molte ricerche mediche, ossia che gli effetti dannosi sul fisico di molte persone che ne sono entrati in contatto devono ancora rivelarsi, e ciò avverrà nel corso dei prossimi anni.

La questione viene affrontata a diversi livelli, legislativo, tecnico, e anche giudiziario, con svariati processi, sia penali che civili, intentati nei confronti dei  responsabili che non hanno adottato le misure tecniche necessarie per preservare i lavoratori, e in generale la popolazione, dai rischi nocivi derivanti dalla respirazione e dal contatto con le polveri di aminato.

Altraeconomia, importante e sempre documentata rivista sia di carta che in internet, ci informa su un recente processo conclusosi con una sentenza di condanna.

Citiamo testualmente.

“Il Tribunale di Milano ha condannato in primo grado per “omicidio colposo” di 24 lavoratori i dirigenti della Pirelli di viale Sarca e via Ripamonti. La soddisfazione di Michele Michelino, del “Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio”, e il “nodo” della condanna di un consigliere dell’Associazione Italiana Ricerca sul Cancro (AIRC). L’amianto richiede investimenti per la sua messa in sicurezza, ma il Piano nazionale approvato nel 2013 non è partito, anche a causa del veto del ministero dell’Economia Non informarono i lavoratori sui rischi dell’amianto, evitando di rispettare le misure minime d’igiene e sicurezza. E nonostante in lavorazione fossero impiegati cancerogeni -come ammine  aromatiche, talco contaminato, nerofumo-, non diedero agli operai mascherine, aspiratori, strumenti di protezione già previsti da una legge del lontano 1956. Per questo, undici dirigenti del consiglio di amministrazione della Pirelli di Milano -con stabilimenti in viale Sarca e via Ripamonti- sono stati condannati per l’omicidio colposo di 24 lavoratori, con pene che vanno dai 3 ai 7 anni e 8 mesi di reclusione. Andando anche oltre alle richieste formulate dal pubblico ministero milanese Maurizio Ascione.

L’amara gioia del “Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro e nel territorio” di Sesto San Giovanni è contenuta in un comunicato stampa stilato a poche ore dal pronunciamento della sentenza del giudice Raffaele Martorelli. “Finora nei processi a Milano per gli operai morti di amianto alla Centrale Enel di Turbigo e alla Franco Tosi i padroni erano stati assolti -spiegano- come se fosse stata una colpa degli operai aver respirato amianto e non colpa dei padroni e dei dirigenti averli costretti a respirarla. Anche se in questo processo i dirigenti Pirelli si sono comprati molte parti civili, monetizzando la salute e la morte, oggi per quanto tardiva un briciolo di giustizia è stata fatta”.

Michele Michelino, membro del Comitato, è “euforico”: “Dopo tante bastonate è giunto un giorno di sollievo. L’impianto del dottor Ascione ha tenuto e questo ci fa ben sperare per gli altri due processi aperti sulla Pirelli che andranno a sentenza a fine anno e che vedono imputate 10 persone”.

Il giudice ha condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione Ludovico Grandi, a 7 anni e 8 mesi Luciano Isola, a 3 anni e sei mesi per Gianfranco Bellingeri, a 6 anni e 8 mesi per Piero Sierra (già presidente dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro e ancora oggi nel consiglio direttivo), a 6 anni e 8 mesi Guido Veronesi, a 3 anni e sei mesi Omar Liberati, a 5 anni e sei mesi Gavino Manca e a 3 anni Armando Moroni. Sono stati condannati anche i dirigenti di cui il pm aveva chiesto l’assoluzione: 3 anni di reclusione infatti per Gabriele Battaglioli, Carlo Pedone e Roberto Pico.

Il giudice ha disposto poi un risarcimento per le parti civili, condannando gli ex manager e il responsabile civile Pirelli Tyre spa a pagare una provvisionale complessiva di 520mila euro. Una provvisionale di 200mila euro per la moglie e la figlia di un operaio morto, 300mila euro all’INAIL e 20mila euro per Medicina Democratica e Associazione Italiana Esposti Amianto. Letto il dispositivo il Comitato di Sesto San Giovanni ha srotolato uno striscione scritto a lettere maiuscole: “Per ricordare tutti i lavoratori uccisi in nome del profitto”.”