ART 186 C.D.S. : GUIDA IN STATO D’EBBREZZA. DISCIPLINA NORMATIVA E PRONUNCE GIURISPRUDENZIALI

L’articolo 186 del Codice della Strada, come modificato dalla legge 160/2007, e, da ultimo, dalla legge 120/2010, vieta la guida in stato di ebbrezza (cioè quella conseguente all’uso di bevande alcoliche). In primo luogo, è bene chiarire in cosa consista specificamente la fattispecie illecita (che potrà avere risvolti penali o amministrativi). Si parla, infatti, di “guida” in stato di ebbrezza, con riferimento esclusivo alla circolazione dei veicoli, non rientrando in tale previsione il caso in cui il conducente in stato di ebbrezza si trovi presso un’area di sosta a veicolo fermo e ivi venga controllato il suo stato dalle forze dell’ordine. La volontà del Legislatore di sanzionare la guida in stato di alterazione dei processi cognitivi e reattivi ha palesemente una funzione preventiva, intendendosi evitare, il verificarsi di consequenziali sinistri stradali dagli esiti potenzialmente nefasti. E’ infatti principio scientifico oramai pacificamente riconosciuto che l’assunzione di sostanze alcoliche comporti un peggioramento delle facoltà mentali e un rallentamento dei riflessi, determinando generalmente una instabilità nella guida e dunque un pericolo per se stessi e per i terzi coinvolti nella circolazione stradale. Il trattamento sanzionatorio varia a seconda dei casi, o meglio, a seconda del tasso alcolemico (grammi per litro):

A) se il tasso è inferiore o equivalente a 0.5 g/l, la fattispecie non presenta alcun profilo di illiceità;

B) se il tasso è superiore a 0.5 g/l e inferiore o equivalente a 0.8 g/l, si applicheranno: una sanzione pecuniaria (rilevanza amministrativa) che oscilla dai 527 ai 2108 euro e la sospensione della patente da 3 a 6 mesi. La sanzione è raddoppiata nel caso in cui il conducente in stato di ebbrezza produca un incidente stradale e si applica il fermo amministrativo fino a 180 giorni (art. 186 comma 2bis) salvo che il veicolo appartenga ad un soggetto estraneo alla fattispecie illecita.

C) se il tasso supera gli 0.8 g/l ma non 1.5 g/l, si ha una fattispecie penalmente rilevante (competenza del Tribunale in composizione monocratica), che comporta la pena dell’ammenda da euro 800 ad euro 3200 (sanzione aumentata da un terzo alla metà se l’infrazione è commessa dopo le ore 22 e prima delle ore 7) nonché l’arresto fino a 6 mesi e la sospensione della patente da 6 mesi ad un anno. La sanzione è raddoppiata nel caso in cui il conducente in stato di ebbrezza produca un incidente stradale e si applica il fermo amministrativo fino a 180 giorni (art. 186 comma 2bis) salvo che il veicolo appartenga ad un soggetto estraneo alla fattispecie illecita.

D) se il tasso alcolemico supera 1.5 g/l, si ha ancora rilevanza penale (competenza del Tribunale in composizione monocratica) e la fattispecie comporta l’irrogazione dell’ammenda da euro 1500 a euro 6000 (sanzione aumentata da un terzo alla metà se l’infrazione è commessa dopo le ore 22 e prima delle ore 7), ed altresì l’arresto da 6 mesi ad un anno e la sospensione della patente di guida da 1 a 2 anni (durata della sospensione da raddoppiare se il veicolo utilizzato dal conducente appartiene ad altro soggetto estraneo al reato).

Si applica, con la sentenza di condanna (anche conseguente a patteggiamento ed anche in caso di sospensione condizionale della pena), il provvedimento ablatorio della confisca del veicolo, salvo che esso appartenga ad un soggetto terzo rispetto al reato. La patente è revocata nel caso di recidiva infrabiennale.

La sanzione è raddoppiata nel caso in cui il conducente in stato di ebbrezza produca un incidente stradale, e si applica il fermo amministrativo fino a 180 giorni (art. 186 comma 2bis), salvo che il veicolo appartenga ad un soggetto estraneo alla fattispecie illecita. Nel caso di omicidio colposo e’ prevista la reclusione da due a sette anni, nonche’ la sospensione della patente fino a quattro anni. A fronte di lesioni gravi e’ prevista invece la reclusione da tre mesi ad un anno o la multa da 500 a 2.000 euro, mentre per lesioni gravissime e’ prevista reclusione da uno a tre anni, con sospensione della patente fino a due anni (in ambedue i casi). In caso di morte o lesioni a piu’ persone la pena detentiva massima e’ di 15 anni (art.589 e 590 c.p., art.222 c.d.s)

E se il conducente in stato d’ebbrezza rifiutasse di sottoporsi all’etilometro per tentare di non incorrere nelle conseguenze previste dalla legge? La scelta non sarebbe delle più appropriate, posto che l’art. 186 comma 7 c.d.s. sanziona, con le pene previste per l’ipotesi di tasso alcolemico superiore a 1.5 g/l, il conducente che rifiuta di sottoporsi a tale accertamento su richiesta delle forze di Polizia, in virtù dei commi 3,4,5 del predetto articolo.

In merito appare significativa la pronuncia della Suprema Corte che con sentenza n. 5909 del 6 febbraio 2013 ha inquadrato la natura giuridica del reato: si tratterebbe di reato reato istantaneo che si perfeziona con il rifiuto. Nel momento in cui l’interessato ha espresso la propria contrarietà ad essere sottoposto all’accertamento, la fattispecie penale si consuma, non essendo rilevante un eventuale “ ritorno sui propri passi”.

Un’ ultima questione di rilevante importanza si pone infine con riferimento all’eventuale assistenza da parte dell’avvocato. Infatti, in modo analogo a quanto avviene nel sistema giuridico anglosassone, il nostro ordinamento prevede una serie di diritti e garanzie.

Le forze dell’ordine hanno l’obbligo di avvertire l’interessato della facoltà di farsi assistere da un difensore durante l’espletamento delle prove a mezzo etilometro. La Corte di Cassazione ha avuto più volte occasione di affermare: “In tema di guida in stato di ebbrezza, il cosiddetto alcoltest, eseguito dall’agente accertatore, costituisce atto urgente sullo stato delle persone disciplinato dall’art. 354 c.p.p. al quale il difensore può assistere in virtù del successivo art. 356 senza diritto essere previamente avvisato del compimento dell’atto. Di questa facoltà la persona sottoposta alle indagini deve essere avvisata (art.114 disp. Att.cpp.), ma non è a tal fine prevista la nomina di un difensore di ufficio. Se difetta l’avvertimento si verifica una nullità a regime intermedio” ( sent. 23605 della sez. IV, 5.03.2009 della Suprema Corte).

La giurisprudenza di merito nell’esaminare i casi concreti ha fatto applicazione del principio in considerazione e quindi: “Non vi era pertanto alcuna prova dell’avvertimento spettante al soggetto sottoposto ad accertamenti della facoltà di assistenza da parte di un difensore – ai sensi degli art. 114 disp. Att.cpp e artt 354 e 356 c.p.p – mancanza che comporta la nullità dell’atto svolto” (in questi termini Tribunale di Rimini, sent. 461/2010).

Viene spontaneo chiedersi, a questo punto, che succederebbe se tutti i fermati per sospetta guida in stato di ebbrezza richiedessero, una volta informati di tale facoltà, l’assistenza del legale durante il test. Ovvio che se si attendesse l’arrivo del legale, magari dopo un’ora, i livelli alcolemici potrebbero abbassarsi sino alla soglia legale, o comunque scendere sotto quella soglia di 0,8 g/l, che riduce la guida in stato di ebbrezza a mero illecito amministrativo. Si profila un’empasse del sistema dunque? Sembrerebbe di no, posto che una circolare del ministero dell’interno del 2005 (n. 300/A/1/ 42175/109/42 del 29.12.2005) precisa alcuni aspetti dell’applicazione delle norme sulla rilevazione di alcol e stupefacenti nei soggetti alla guida di veicoli, e in particolare specifica che non vi è obbligo, per gli agenti, di attendere l’arrivo dell’avvocato del soggetto fermato, proprio per evitare che i livelli di alcolemia si riducano sensibilmente. Diverso sarebbe se la Corte di Cassazione affermasse che non si può effettuare l’alcoltest su chi abbia esplicitamente richiesto l’assistenza del difensore, prima dell’arrivo di quest’ultimo. Se ciò accadrà, allora ci sarà davvero un cortocircuito nella normativa.