Come lavora uno studio legale? Cosa fa un avvocato per risolvere un caso? Perché non è possibile rispondere a domande di natura legale per telefono o via mail, senza prima studiare in modo approfondito le norme e i documenti? Negli ultimi anni ho ricevuto moltissime richieste di consulenza. Tra queste, diverse erano di persone in cerca di risposte “mordi e fuggi” a domande che riguardavano situazioni legali molto complesse e che avrebbero richiesto l’apertura di un fascicolo.
Domande a cui non era possibile rispondere sommariamente perché, se avessi dato una risposta superficiale – non basata sullo studio di documenti e prove –, avrei potuto pregiudicare la situazione di chi mi aveva contattato.
Per questo ritengo sia importante chiarire come lavora uno studio legale e quali passi fare per tentare di giungere a una soluzione soddisfacente per l’assistito, evitando formule semplicistiche e scorciatoie. Il modo più efficace per farlo è riportare alcuni casi concreti, come quello che presenterò nei prossimi paragrafi.
È uno dei casi che lo Studio legale Palombarini ha affrontato negli ultimi anni: la difesa per via stragiudiziale e giudiziale (in tribunale) di un professionista di Bologna, associato di uno studio di professionisti dell’edilizia, nostro cliente da diversi anni.
Il caso in breve: tutela per via stragiudiziale e giudiziale di un professionista
Un professionista di Bologna riceve una richiesta di risarcimento danni per inadempimento contrattuale da parte del committente dei lavori di ristrutturazione di un locale commerciale della città e ci contatta per avere assistenza legale.
È da chiarire fin da subito che le parti coinvolte sono tre. Oltre al professionista, tutelato dal nostro studio legale – parte in causa perché Direttore della progettazione e dell’esecuzione dei lavori, nonché Responsabile della sicurezza -, il caso coinvolge anche l’azienda esecutrice dei lavori e il committente (la proprietà del locale commerciale).
Fase stragiudiziale: il primo tentativo per trovare un accordo
Inizialmente, in accordo col mio cliente, propongo di risolvere la controversia per via stragiudiziale, dunque al di fuori del tribunale, per dare la possibilità a ciascuna parte di esporre il proprio punto di vista e tentare di raggiungere un accordo amichevole e comporre la lite.
In questa fase, le parti – nel caso che sto presentando: il nostro studio insieme al nostro assistito, l’azienda esecutrice dei lavori e la proprietà del locale con i rispettivi legali – organizzano un incontro per risolvere la questione al di fuori dell’iter giudiziale.
Fallito il tentativo – e sempre nell’intento di evitare un processo – propongo, per conto del mio cliente, un procedimento di negoziazione assistita.
Fase stragiudiziale: il procedimento di negoziazione assistita
Il procedimento di negoziazione assistita è un procedimento privato previsto dalla legge, simile alla procedura di mediazione, in cui è necessaria la presenza di un avvocato in difesa di ciascuna delle parti coinvolte.
A differenza della mediazione, nella negoziazione assistita è assente il mediatore.
Una scelta dettata dalla legge
Prima di procedere con la narrazione dei fatti, è importante chiarire un punto: il procedimento di negoziazione in questo caso non è stato promosso in modo libero e volontario, ma ho scelto di perseguire questa strada perché il mio cliente vantava un credito professionale nei confronti della proprietà.
La proprietà, infatti, si rifiutava di saldare parte dell’onorario del professionista e quando una delle parti pretende dall’altra determinate condizioni – in questo caso una somma di denaro – la legge impone di tentare la procedura di negoziazione assistita.
Fallito anche questo tentativo, la causa passa in tribunale e così è stato anche nel nostro caso.
Difesa in tribunale: accertamento tecnico preventivo
Il caso viene presentato in tribunale e su richiesta della proprietà, ma con mio parere contrario – perché dal punto di vista del nostro studio legale e del mio assistito, la situazione non aveva bisogno di un accertamento di questo tipo – si apre un particolare tipo di giudizio, chiamato accertamento tecnico preventivo.
È un procedimento che si svolge davanti al giudice e che si verifica quando una delle parti vuole ottenere una perizia che fotografi una determinata situazione di fatto, perché ha motivo di ritenere che l’analisi sia urgente per motivi probatori, cioè per la raccolta di prove tecniche sullo stato (nel nostro caso) dei luoghi oggetto della ristrutturazione.
Il giudice nomina quindi un perito imparziale che fa un sopralluogo e redige una perizia; ottenuta la perizia, ecco che si passa alla causa vera e propria.
Difesa in tribunale: giudizio e sentenza
Secondo la proprietà, la perizia chiarisce che sono presenti alcune anomalie causate da errori nell’esecuzione dei lavori e pertanto chiede:
- di non dover pagare nulla di più di quanto già pagato alla ditta esecutrice e al professionista nostro cliente;
- il risarcimento dei danni derivanti dal fatto che i lavori sono stati realizzati male, dato che, per questo motivo, il locale non ha potuto lavorare.
Di fronte a queste richieste, decido di difendere il mio cliente sostenendo che:
- gli errori evidenziati sono vizi di poco conto;
- la proprietà conosceva tali vizi nel momento in cui la ristrutturazione si è conclusa, tanto che ha accettato il lavoro così com’era, ha richiesto il collaudo e contattato i vigili del fuoco per completare le procedure di avvio dell’attività;
- l’attività è comunque funzionante e la proprietà sta effettivamente lavorando;
- la proprietà, inoltre, non ha denunciato i vizi entro il termine di legge.
Per questi motivi decido di presentare una domanda riconvenzionale: la richiesta che il professionista venga pagato per quanto ancora dovuto.
È solo a questo punto che ha inizio la causa vera e propria, che segue tutti i passaggi previsti dal codice di procedura civile, per far sì che tutte le parti espongano il proprio punto di vista, indichino tutte le prove documentali e testimoniali da portare in giudizio, controbattano su questi punti e supportino la loro tesi.
Concluso l’iter, il giudice emette la sentenza, in questo caso accogliendo completamente la nostra posizione e dichiarando che:
- nulla è dovuto alla proprietà a titolo di danni per inadempimenti contrattuali, sia rispetto al professionista che alla ditta esecutrice, salvo i pochi danni di scarso valore che aveva ravvisato il perito di ufficio;
- il professionista e la ditta esecutrice hanno diritto ai compensi pattuiti con la proprietà alla stipula del contratto;
- la proprietà è condannata a pagare le spese legali del procedimento giudiziale e le spese per l’accertamento tecnico preventivo.
Dopo la sentenza, l’accordo conciliativo
Una volta emessa la sentenza, la proprietà, per mezzo del suo legale, avanza una proposta conciliativa per trovare un accordo in cui rinuncia a impugnare la sentenza in Corte di Appello – rendendo quindi la sentenza del giudice definitiva – in cambio di una riduzione di quanto ancora dovuto al professionista.
La proposta viene accettata, per ottenere un pagamento certo ed immediato, piuttosto che rischiare di avere una sentenza diversa della Corte di Appello e comunque vedersi riconosciuto il diritto al pagamento solo dopo altri anni di attesa ed ulteriori spese.
Conclusioni: un parere legale è spesso solo la punta dell’iceberg
In questo caso lo Studio legale Palombarini e il suo cliente hanno vinto la causa. Non mi addentrerò nelle ragioni che hanno portato alla nostra vittoria, ma è importante chiarire che, per arrivare a questo risultato, sono serviti 5 anni di studio di centinaia di documenti tecnici relativi alla ristrutturazione di grandi locali commerciali. Oltre allo studio delle carte, sono serviti anche i numerosi sopralluoghi e il recupero di documenti pubblici riguardanti soggetti terzi che interagivano con la proprietà, per poter ricostruire un quadro preciso e chiaro della situazione e trovare la via migliore per difendere il professionista nostro cliente.
Per concludere, non è possibile accontentarsi di una risposta sommaria, quando ci cerca un parere legale.
I miei collaboratori e io siamo a disposizione per una consulenza legale.
Lo Studio Palombarini è Bologna in Via Bovi Campeggi, 4 e Padova in Via S. Camillo De Lellis, 37. Potete contattarci al numero 051 581410.
Il primo appuntamento in Studio è gratuito.
Precisiamo inoltre che non è possibile dare una consulenza completa e specifica per telefono, vi invitiamo quindi a contattarci per fissare un primo incontro di persona o in videochiamata (gratuito) con l’obiettivo di valutare la situazione e per poter eventualmente formulare un preventivo di spesa, qualora siate interessati ad affidarvi a noi.