L’imprenditore che si trovi in stato di crisi può proporre ai creditori che attendono di essere pagati, un piano. È il concordato preventivo previsto dall’art. 160 della legge fallimentare contenente un piano, appunto, che rispetti determinate condizioni. Di norma, non è possibile dilazionare i crediti privilegiati, ma è ammissibile il pagamento parziale seppure, come detto, rispettando le condizioni poste dalla già citata legge fallimentare. La ratio per la quale non è accettabile differire nel tempo il pagamento dei crediti sorretti da privilegio è data dal fatto che i creditori privilegiati non votano al pari dei creditori chirografari. Difatti, in quanto privilegiati, la soddisfazione si assume integrale, non prevedendosi quindi la necessità della votazione.
Il pagamento dilazionato di tali crediti, vale a dire oltre i tempi tecnici della procedura equivarrebbe ad una soddisfazione non integrale di essi e causerebbe una perdita economica in conseguenza del ritardo.
La recente pronuncia della Cassazione civile, sez. I, 09 maggio 2014, n. 10112, ha tuttavia ammesso il pagamento dilazionato dei crediti privilegiati. La pronuncia non mette a repentaglio il principio del soddisfacimento integrale dei crediti, ma apre la strada al ristoro attraverso una liquidità proveniente da un piano di dismissioni da realizzarsi in un successivo periodo. Alla luce di tanto, non potrà considerarsi illegittimo quel concordato preventivo che preveda una proposta di pagamento dilazionato. Di tutta evidenza, l’intento della Suprema Corte non può essere stato semplicemente quello di incentivare le proposte di concordato preventivo, che negli ultimi mesi forte del momento storico, narra di un vero e proprio boom.
Più probabile che la Suprema Corte abbia voluto dare un’impronta più pragmatica e realistica al concordato preventivo. La conseguenza fisiologica di tale interpretazione è che come i creditori chirografari, anche i creditori privilegiati hanno il diritto di voto. Un diritto che acquistano nella misura corrispondente alla perdita derivante dal ritardo nel pagamento. La
Suprema Corte affida, quindi, al giudice di merito, con l’ausilio anche di esperti professionisti, il compito di accertare e perciò di quantificare la perdita derivata ai creditori privilegiati dalla dilazione.