Secondo la concezione unitaria del concorso di persone nel reato, adottata dal nostro legislatore, ciascun compartecipe risponde del reato,salva la diminuzione della pena per i contributi di lieve importanza. L’art. 110 c.p., infatti, ha la funzione di estendere l’imputabilità alle condotte atipiche che prese singolarmente non integrano quel preciso reato, o addirittura non integrano alcun reato (si pensi alla condotta del c.d. “palo”, che singolarmente considerata non integra nessuna fattispecie penalmente rilevante, ma considerata assieme alle altre condotte, grazie all’art. 110, assume rilevanza penale).
Ciò comporta l’irrilevanza del tipo di condotta del partecipe, se principale o meramente agevolatrice, materiale o morale, purchè legata all’evento dal nesso di causalità. Il contributo concorsuale, infatti, è rilevante non solo quando è condicio sine qua non dell’evento lesivo, ma anche quando assume la forma di un contributo agevolatore, cioè quando il reato, senza la condotta, sarebbe ugualmente commesso, ma con maggiore difficoltà di riuscita, ovvero con un esito, anche parzialmente, diverso.
Proprio per questa concezione unitaria del reato in concorso, secondo la quale l’illecito plurisoggettivo implica l’imputazione dell’intera azione e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente, si è ammessa in giurisprudenza la possibilità di confiscare il provento del reato presso uno solo dei concorrenti. A detta della Suprema Corte, con la pronuncia del 2 luglio scorso, n. 28515: ” la confisca, ed il sequestro preventivo ad essa finalizzato, possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato, pur non potendo l’espropriazione essere duplicata o comunque eccedere nel quantum l’ammontare complessivo dello stesso”.
Per completezza, è doveroso ricordare che tale soluzione è frutto di un contrasto giurisprudenziale, sul quale sono intervenutele Sezioni Unite. Del primo orientamento (maggioritario), poi avallato dalle Sezioni Unite della Cassazione si è già detto.
Il contrapposto orientamento, invece, ritiene che la confisca debba avvenire pro quota o, comunque, in relazione a quanto effettivamente percepito dal partecipe.
La Cassazione,con la sentenza n. 28515 del 2 luglio 2014, ha aderito e, quindi, confermato, l’orientamento principale.