contratto di comodato

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione conferma un importante principio in tema di contratto di comodato.

A tal fine, è opportuno ripercorrere le argomentazioni svolte dalla Corte che vanno a consolidare ulteriormente l’orientamento su una questione delicata del contratto di comodato ovvero quando si sia in presenza di un comodato con un termine di durata o quando il comodato sia da considerarsi “precario” e, quindi, condizionato alla possibilità di recesso ad nutum da parte del comodante.

Nel caso di specie, due coniugi avevano in comodato un’abitazione e successivamente si erano separati con assegnazione della casa coniugale alla ex moglie per l’abitazione sua e del figlio minore.

Tale abitazione era di proprietà di una società che aveva richiesto la cessazione del comodato. L’ex marito aveva aderito a tale richiesta, mentre l’ex moglie si era opposta alla suddetta richiesta ritenendo che l’immobile era stato destinato ad abitazione della famiglia e che il comodato avrebbe dovuto protrarsi per tutto il tempo necessario a soddisfare le esigenze abitative familiari.

Nei primi due gradi di giudizio era stato disposta la risoluzione del contratto di comodato e, nello specifico, la Corte d’Appello aveva affermato come la destinazione d’uso del bene concesso in comodato debba inequivocabilmente risultare dalla volontà delle parti espressa nel contratto, per poter affermare che il contratto medesimo è assoggettato ad un termine di durata commisurato ad un determinato uso; che per contro, qualora la destinazione sia frutto di una scelta del comodatario e non di un accordo delle parti in tal senso, il comodato si deve ritenere concluso in precario, quindi risolubile ad nutum dal comodante.

Con l’ordinanza n. 23567 del 16 ottobre 2013, la Corte di Cassazione condivide i rilievi della Corte d’Appello ed, inoltre, sottolinea che “il provvedimento di assegnazione della casa coniugale alla moglie, in sede di separazione, non sposta i termini del problema, poiché il diritto di abitazione spettante al coniuge assegnatario è soggetto alla disciplina del titolo da cui deriva[…]“, e che come già affermato dalla stessa Corte di Cassazione nella pronuncia n. 13603 del 2004, “quando il bene immobile oggetto comodato sia destinato ad abitazione della famiglia, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa ad uno dei coniugi resta regolato dalla disciplina sul comodato, negli stessi limiti che segnavano il godimento da parte della comunità domestica, nella fase fisiologica della vita matrimoniale“.