La crisi ha indotto il Legislatore e sempre più spesso i Giudici attraverso le loro interpretazioni, a soccorrere l’impresa che versi in difficoltà. Esempi arrivano dalle agevolazioni economiche in tema di assunzioni piuttosto che dai temperamenti in materia di licenziamento dove la causa si racchiude in una sola parola: crisi.
Così, in tema di versamento dell’IVA c’è da domandarsi se effettivamente la reale condizione di crisi consistente nella mancanza di liquidità, che in alcuni casi può affossare l’impresa, possa esonerare dall’ obbligo giuridico del pagamento.
Non è sempre così scontato far rientrare nella definizione di ‘crisi’ eccezioni alla regola. Così, il principio che ha guidato la recente pronuncia della terza sezione penale della Corte di Cassazione sul reato di cui al D.lvo 74/2000 artt. 10 bis e ter (art. 10 bis . E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta. art. 10 ter 1. La disposizione di cui all’articolo 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo)., appare giusto e comprensibile. Il principio affermato con la sentenza n. 2614/14 della Corte di Cassazione, infatti, consiste nell’individuare i significati rilevanti del concetto di “crisi”, allorquando questa sia richiamata dall’imprenditore che, discolpandosi, imputi proprio a ragioni di crisi, la violazione dell’obbligo di versamento dell’iva.
In tutti i casi in cui la deduzione difensiva prospettata dall’imputato riguardante la crisi economica sia generica e in fatto e non dimostri specificamente né concretamente i fatti tali per cui sia ravvisabile una reale impossibilità incolpevole all’adempimento, non potrà scagionare l’imprenditore dalla penale responsabilità dell’omesso pagamento dell’ imposta sul valore aggiunto. La crisi, in altre parole, non può essere invocata genericamente senza che ne sia data prova.
Tuttavia, se provata nel concreto, è in grado di distinguere il dolo generico dall’incolpevole violazione dell’imprenditore.