danno non patrimoniale

La Corte di Cassazione è tornata recentemente a pronunciarsi in tema di risarcimento del danno non patrimoniale e danno esistenziale con le pronunce 11950/2013 e 15707/2013.

Nella prima sentenza la ricorrente contestava la decisione della Corte d’Appello nella parte in cui le ha negato il riconoscimento del danno patrimoniale e del danno estetico atto ad aggravare il danno non patrimoniale nella sua componente di danno alla vita di relazione e danno esistenziale.

Infatti, secondo la ricostruzione della ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe dovuto riconoscerle un corrispettivo per la perdita di stipendio per il part time riduttivo del precedente reddito, cui era stata costretta, e per la prematura cessazione del rapporto di lavoro a causa della difficoltà di mantenere la posizione eretta ed a causa dei continui disturbi ai quali era soggetta durante le ore di lavoro,

La ricorrente, pertanto, concludeva chiedendo alla Corte di pronunciarsi sul seguente quesito di diritto: “in caso di domanda di accertamento di responsabilità medica, con specifica richiesta del danno patrimoniale da lucro cessante per diminuzione dell’attività lavorativa e per la successiva anticipata interruzione della stessa, risultante dalla produzione documentale e con domanda di risarcimento del danno estetico influente sulla vita di relazione, anch’esso supportato da apposita documentazione, è legittimo, da parte dell’organo giudicante omettere di trattare la sussistenza o meno dei richiesti danni e di procedere, eventualmente, al loro risarcimento?”.

La Corte di Cassazione rigetta i motivi addotti dalla ricorrente, richiamando un precedente della Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 11 novembre 2008, n. 26972), il quale ha escluso l’esistenza di una categoria autonoma di danno esistenziale e ha sancito il principio dell’unitarietà del danno non patrimoniale, quale categoria omnicomprensiva che include anche il danno biologico ed il danno da reato.

Secondo la Corte “lo stesso pregiudizio di tipo estetico viene abitualmente risarcito all’interno del danno biologico, inclusivo di ogni pregiudizio diverso da quello consistente nella diminuzione o nella perdita della capacità di produrre reddito, tra cui appunto il danno estetico e alla vita di relazione”, di conseguenza, poiché il danno biologico ha natura non patrimoniale e il danno non patrimoniale ha natura unitaria, è corretto l’operato del giudice di merito che liquidi il risarcimento del danno biologico in una somma onnicomprensiva (v. Cass. n. 24864/2010).

Stesso principio viene formulato nella seconda sentenza della Corte (15707/2013) che si commenta, la quale si pronuncia in merito ad una domanda diretta ad ottenere il risarcimento delle spese per riparazioni sostenute e deprezzamento del veicolo affetto fin dall’acquisto da vizi di fabbricazione nonché del danno morale sofferto dall’acquirente, stato di prostrazione, disagio psicologico, danno fisico causato dal susseguirsi di eventi dovuti alla circostanza che il venditore negava che il veicolo fosse coperto da garanzia.

Il quesito di diritto posto alla Corte di Cassazione dal ricorrente era il seguente: “In caso di tardivo adempimento il debitore deve risarcire il solo danno patrimoniale od, anche, gli ulteriori danni prodotti dal suo comportamento come il danno esistenziale?”

In primo luogo la Corte ha sottolineato come il danno biologico, conseguente alla lesione del diritto alla salute garantito dall’art. 32 Cost., è ontologicamente diverso dal danno derivante dalla lesione di un diverso diritto costituzionalmente protetto.

Di conseguenza non può essere risarcito come danno biologico il danno, cosiddetto esistenziale, che si affermi essere derivato da “stress psicologico da timore”, per la compromissione della serenità e sicurezza del soggetto interessato, giacché detto stress è soltanto una conseguenza della lesione di un possibile interesse protetto il quale necessita di una previa individuazione, affinché possa parlarsi della sua lesione.

A tal proposito, la Corte precisa, altresì, che la serenità e la sicurezza, di per sé considerate, non costituiscono diritti fondamentali di rango costituzionale inerenti alla persona, la cui lesione consente il ricorso alla tutela risarcitoria del danno non patrimoniale (cfr. Cass. 3284 del 2008).

Infine, anche in questo caso la Corte afferma che non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria di “danno esistenziale”, inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona.

Infatti “ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c., interpretato in modo conforme a Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria; ove nel “danno esistenziale” si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all’art. 2059 c.c.”