Il d.l. 76/2013, pubblicato in G.U. in data 28.06.2013, ha apportato delle modifiche al d.lgs. 368/2001, contenente la disciplina del contratto a termine, e all’art. 7, l. 604/1966, che disciplina la procedura conciliativa obbligatoria per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, così come modificati dalla l. 92/2012.
In particolare, l’art. 7, comma 1, d.l. 76/2013, sostituendo il comma 1-bis, dell’art. 1, d.lgs. 368/2001, abroga la previsione secondo cui i contratti collettivi potevano prevedere altre ipotesi di stipulazione di contratti a termine acausali, soltanto nel limite complessivo del 6 per cento del totale dei lavoratori occupati nell’ambito dell’unità produttiva, nei casi in cui l’assunzione a tempo determinato o la missione nell’ambito del contratto di somministrazione a tempo determinato avveniva nell’ambito di un processo organizzativo determinato dalle ragioni di cui al previgente articolo 5, comma 3.
Pertanto, la disciplina vigente prevede che i contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possono individuare, senza limiti quantititativi, anche altre ipotesi nelle quali sia consentita la stipula di contratti a tempo determinato acausali.
Tale particolare tipologia di contratti a termine, a differenza di quanto previsto dalla Riforma Fornero, possono essere adesso oggetto di proroga, stante l’abrogazione del comma 2-bis dell’art.4, d.lgs. 368/2001.
Altra novità riguarda l’abrogazione dell’onere, previsto dalla Riforma Fornero, per il datore di lavoro, di comunicare al Centro per l’impiego territorialmente competente, entro la scadenza del termine inizialmente fissato dal contratto, che il rapporto continuerà oltre tale termine, indicando altresì la durata della prosecuzione, nel caso in cui il rapporto di lavoro, instaurato anche senza indicare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi.
Inoltre, viene novellato il comma 3, dell’art. 5, d.lgs. 368/2011, che abbrevia i termini entro i quali una nuova riassunzione a termine a seguito della scadenza del primo contratto comporta la conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato.
Di conseguenza, la disciplina vigente prevede che qualora il lavoratore venga riassunto a termine, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.
Tale disposizione non trova applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali definite dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, nonché in relazione alle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Infine, viene modificato l’art. 10, d.lgs. 368/2001, in tema di esclusioni e discipline specifiche, escludendo dal campo di applicazione del decreto anche i rapporti instaurati ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, riguardante i lavoratori in mobilità.
Per quanto riguarda la procedura conciliativa obbligatoria prevista dall’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, viene escluso il previo tentativo di conciliazione obbligatorio in caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto di cui all’articolo 2110 del codice civile, nonché per i licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Tale esclusione è prevista anche per le interruzioni di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.
Infine, si specifica che la mancata presentazione di una o entrambe le parti al tentativo di conciliazione è valutata dal giudice ai sensi dell’articolo 116 del codice di procedura civile.
Parola chiave: Decreto lavoro – Contratto a termine – procedura conciliativa – licenziamento per giustificato motivo oggettivo – contratto acausale