Importanti consigli pratici nell’intervento di Piergiovanni Alleva su Il Manifesto

Ritorniamo sul sempre attuale argomento del lavoro precario, sui provvedimenti di legge inerenti il rapporto di lavoro, sulle sempre drammatiche conseguenze della disoccupazione o della mala-occupazione.

Riteniamo utile riportare un intervento di Piergiovanni Alleva, esperto di diritto del lavoro e diritto sindacale, pubblicato su Il Manifesto del 16.9.2014, importante perchè affronta e analizza alcuni risvolti pratici e di immediata applicazione delle recenti modifiche in tema di lavoro dipendente introdotte dal Governo.

“Quest’articolo è un po’ diverso dai nume­rosi altri che nel corso del tempo «il mani­fe­sto» ha gen­til­mente pub­bli­cato, per­ché per­se­gue un intento pra­tico, con­cre­tis­simo, che sovra­sta ogni rifles­sione di tipo teorico-critico. L’intento è quello di ren­dere coscienti e, per così dire, di «sve­gliare» le cen­ti­naia di migliaia di lavo­ra­tori pre­cari del set­tore pri­vato circa la pos­si­bi­lità, molto alta, di tra­sfor­mare, tra­mite una facile ver­tenza, il loro rap­porto di lavoro a ter­mine o di lavoro som­mi­ni­strato nel sospi­rato rap­porto di lavoro a tempo inde­ter­mi­nato.
Ma vogliamo avver­tirli, d’altra parte, anche della neces­sità di muo­versi e di agire subito. Ecco come.

Devono muo­versi subito, o comun­que entro 120 giorni da quando sca­drà (o è sca­duto) il loro ultimo con­tratto a ter­mine o di lavoro som­mi­ni­strato, sti­pu­lato prima del cosid­detto «Decreto Poletti».
Veniamo, dun­que, al punto che ci inte­ressa per for­nire le dovute spie­ga­zioni: fino alla Legge 16 mag­gio 2014 n. 78 (cosid­detto Jobs Act 1 o «Decreto Poletti»), vigeva la regola, tanto antica quanto civile e logica, che solo una esi­genza lavo­ra­tiva effet­ti­va­mente tem­po­ra­nea e ben spe­ci­fi­cata nel testo dello stesso con­tratto a ter­mine poteva ren­derne legit­tima la sti­pula, sic­ché, in man­canza sostan­ziale o for­male di que­sta «cau­sale» tem­po­ra­nea, il con­tratto si sarebbe tra­sfor­mato auto­ma­ti­ca­mente a tempo indeterminato.

Lo «stato dell’arte» della nostra Giu­ri­spru­denza fino al «Decreto Poletti» può essere rias­sunto, ad esem­pio, nella mas­sima della Cas­sa­zione n. 13992/2013 secondo cui «le ragioni di carat­tere tec­nico, pro­dut­tivo, orga­niz­za­tivo e sosti­tu­tivo a soste­gno dell’apposizione del ter­mine al con­tratto di lavoro devono essere spe­ci­fi­cate dal datore di lavoro in maniera cir­co­stan­ziata e pun­tuale in modo da con­sen­tire il con­trollo della con­nes­sione tra la durata tem­po­ra­nea della pre­sta­zione e l’utilizzazione del lavoratore».

Il fatto è, però, che negli ultimi dieci anni i datori di lavoro hanno assunto con con­tratto a ter­mine anche quando la tem­po­ra­neità dell’esigenza lavo­ra­tiva non c’era ed invero le assun­zioni a ter­mine sono state ogni anno circa l’80% del totale, men­tre le occa­sioni di lavoro effet­ti­va­mente tem­po­ra­nee sono state del 14%. Dun­que 5 con­tratti a ter­mine su 6 sono stati sti­pu­lati illegittimamente.

La ragione di que­sto uso «impro­prio» è una sola: si sti­pu­lava e si sti­pula il con­tratto a ter­mine anche quando l’esigenza pro­dut­tiva non è tem­po­ra­nea per tenere il lavo­ra­tore sotto il ricatto di un man­cato rin­novo e, della per­dita del posto di lavoro, senza nean­che biso­gno di licenziamento.

Ma que­sti datori cor­re­vano un note­vole rischio: che nei 120 giorni suc­ces­sivi alla sca­denza (come pre­vi­sto dall’art. 32 della legge 148/2010) il lavo­ra­tore impu­gnasse il con­tratto a ter­mine otte­nen­done la tra­sfor­ma­zione a tempo inde­ter­mi­nato ed invero le ver­tenze sono state migliaia, quasi sem­pre vit­to­riose per il lavoratore.

Il governo Renzi, con il cd. «Decreto Poletti», ha ora legit­ti­mato l’illegalità e il ricatto sui lavo­ra­tori san­cendo — con­tro ogni logica — che il con­tratto a ter­mine si può sti­pu­lare sem­pre, anche se l’esigenza lavo­ra­tiva non è tem­po­ra­nea (sono i cosid­detti con­tratti a ter­mine «acau­sali») con l’evidente intento di sosti­tuire man mano i «vec­chi» con­tratti a ter­mine impu­gna­bili e tra­sfor­ma­bili a tempo inde­ter­mi­nato, con i nuovi con­tratti «acau­sali» e per­ciò non impugnabili.

In que­sto piano c’è, però, per così dire, una crepa, in quanto i «vec­chi» con­tratti ante — Decreto Poletti comin­ciano a sca­dere ora e sca­dranno man mano, nei mesi futuri secondo le sca­denze sta­bi­lite, e restano, per­tanto impu­gna­bili nei 120 giorni successivi.

Ecco per­ché par­liamo di «ultima occa­sione»: pro­prio per­ché sono gli ultimi impugnabili.

Ad esem­pio, se il vec­chio con­tratto ante — Decreto Poletti è già sca­duto il 31 ago­sto 2014 vi è tempo per impu­gnarlo entro il dicem­bre 2014; se sca­drà, poniamo il 30 novem­bre 2014 potrà essere impu­gnato entro il marzo 2015; se sca­drà nell’aprile 2015 potrà essere impu­gnato entro l’agosto 2015 e così via.

Ovvia­mente sarà meglio non ridursi all’ultimo giorno, anche per­ché per l’impugnazione basta una let­tera rac­co­man­data, e se poi il datore non venisse a pat­teg­giare, con­scio del suo torto, nei 180 giorni suc­ces­sivi si può adire il giu­dice, come migliaia di lavo­ra­tori hanno già fatto con suc­cesso in que­sti anni.

Ecco, dun­que, il mes­sag­gio che man­diamo ai tanti lavo­ra­tori con con­tratto di lavoro a ter­mine o som­mi­ni­strato nel set­tore pri­vato dell’economia: fate con­trol­lare fin d’ora da un sin­da­cato o da un avvo­cato la rego­la­rità del vostro con­tratto pre­ca­rio ante — Decreto Poletti, e se risul­terà, come è molto pro­ba­bile, irre­go­lare, pre­pa­rate l’impugnazione da spe­dire entro il ter­mine ricor­dato di 120 giorni dalla ces­sa­zione del con­tratto stesso.

Per voi potrebbe essere que­sta l’ultima occa­sione di otte­nere un rap­porto a tempo inde­ter­mi­nato ed occorre per­tanto vin­cere ogni ritro­sia, ogni pre­giu­di­zio e ogni sospetto verso sin­da­cati, legali e ver­tenze, per­ché la posta in gioco è dav­vero troppo grande: si tratta di sal­va­guar­dare il vostro futuro, bat­tendo in brec­cia la volontà del governo Renzi (e della troika) di con­dan­nare le nuove gene­ra­zioni al lavoro «usa e getta».

Un’ultima avver­tenza: quanto detto vale per i pre­cari del set­tore pri­vato men­tre per i pre­cari del pub­blico impiego i pro­blemi sono diversi, visto che lì il prin­ci­pio dello tem­po­ra­neità dell’esigenza resta per legge, ma la giu­ri­spru­denza non con­sente, per lo più, la tra­sfor­ma­zione a tempo inde­ter­mi­nato, con­ce­dendo solo un risar­ci­mento del danno. Ai pre­cari pub­blici dovremo dedi­care, quindi un altro spe­ci­fico inter­vento sulle colonne de «il manifesto».”