La corte d’appello di Torino ha emesso una pronuncia che si segnala per i suoi contenuti originali, ancorché si stagli nel solco delle novità prevedibili, destinata a divenire un precedente nel nostra Paese.
Il giudice, infatti, ha riconosciuto il diritto del figlio ad avere due madri e ha ordinato all’ufficio dello stato civile di iscrivere entrambe le donne come genitrici del minore.
Le donne erano sposate (e poi divorziate) in Spagna, la cui legislazione -come noto- permette alle coppie omosessuali di sposarsi e di avere figli, ovviamente ricorrendo alla procreazione medicalmente assistita secondo le leggi di quel paese ovvero tramite adozione. Il diritto alla famiglia omosessuale e omogenitoriale è riconosciuto largamente in Europa, pertanto le nostri corti, nella prolungata inerzia del legislatore, devono supplire nel riconoscere le nuove situazioni giuridiche con le quali si raffrontano ormai quotidianamente.
Nel caso di specie, il figlio risultava iscritto in Spagna come figlio di entrambe le donne, indicate come madre A e madre B. Escludere una delle due, nel registro dello stato civile torinese, significa, per i giudici, comprimere il diritto del figlio all’identità personale che è un diritto inviolabile di ogni uomo e riconosciuto sia a livello costituzionale, sia a livello europeo e internazionale.
Ancora, di fronte lo scenario europeo che ammette ampia tutela alle famiglie, sia omogenitoriali che non, il nostro Paese non può sottrarsi dal riconoscimento di tali diritti, almeno quando le situazioni di questo tipo non nascono in Italia, ma vengono “importate” nel nostro paese. Di conseguenza l’interprete deve operare un bilanciamento tra l’ordine pubblico e il diritto del minore alla bigenitorialita’. Quest’ultimo è riconosciuto dalla convenzione europea sui diritti del fanciullo del 1989 oltre che dalla legge n. 54 del 2006 e si ritiene prevalente.
Da ultimo, “perdere” legalmente un genitore significa interrompere ogni rapporto giuridico con lo stesso, compreso i diritti successori.
La questione, seppur così risolta dalla Corte d’Appello, ha comunque diviso l’opinione pubblica e il comune di Torino ha chiesto un parere al Ministero degli Interni.