Il  decreto legge 28 marzo 2014 n.47, contenente misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015, adottato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 12 marzo 2014, è stato convertito in legge il 20 maggio 2014. Con riferimento al tema della lotta all’abusivismo, questione sicuramente molto “calda” e attuale, l’art. 5 della predetta legge ha avuto un ampio risalto da parte dei mass media generando al contempo un acceso e vivace dibattito in ambito giuridico.

Esso collega, infatti, la possibilità di chiedere e ottenere la residenza (e finanche l’allacciamento alle relative utenze) non più soltanto ad una questione di fatto (accertamento dimora abituale nel luogo dichiarato), ma anche alla non abusiva occupazione dell’immobile, si prevede dunque che: “chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo  non può chiedere la residenza  ne’  l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo e gli atti emessi  in  violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge.”

Lo Stato opera quindi una scelta volta a contrastare il fenomeno proliferante dell’abusivismo, ma è il caso di rilevare alcuni aspetti decisamente controversi in merito a tale normativa.

In primo luogo, come evidenziato da più parti, la scelta di annullare il diritto di residenza generalmente a chi occupa “senza titolo” (ad esempio in forza di contratto di locazione scaduto) espone al concreto rischio di una proliferazione incontrollata di abusivismo, lo Stato infatti, rinunciando all’ identificare anagraficamente tutti questi soggetti, potrebbe perdere la facoltà di controllare efficacemente il proprio territorio, con un inevitabile danno per tutta la comunità.

Altri soggetti, semplicemente operando un bilanciamento di interessi, sono giunti alla conclusione di ritenere incongrua la scelta di impedire agli occupanti di usufruire dei servizi pubblici essenziali  e di prendere la residenza (presupposto di ulteriori servizi come la richiesta del medico di base), e tra costoro possiamo citare il sindaco di Bologna Virginio Merola che, attraverso un ordinanza urgente ha imposto l’erogazione dell’acqua per consumo domestico in alcune unità immobiliari, pur senza la stipulazione di contratti di utenza privata, considerato il carattere socio-sanitario della finalità perseguita. Insomma, tra l’articolo 5 e la tutela della “salute e dell’integrità fisica” degli occupanti,  sindaco e giunta scelgono la seconda. “E’ stato inevitabile arrivare a questa ordinanza considerando che il sindaco ha anche una responsabilità sanitaria, ma in tutto questo c’è anche un significato politico  – ha commentato l’assessore al welfare del Comune di Bologna Amelia Frascaroli, come riportato dagli organi di stampa – Inanzitutto l’ordinanza riafferma che l’acqua è un bene primario, un diritto fondamentale che non si può togliere a nessuno per nessuno motivo, anche se una persona compie un’azione illegale come un’occupazione”