L’introduzione dei social network nelle nostre vite sta toccando sempre più ambiti, e un dibattito di recente sviluppo riguarda la gestione dell’eredità digitale di un defunto. In questo approfondimento vediamo di cosa si tratta e come si sta evolvendo la discussione in materia.

Cosa si intende con eredità digitale ?

Possiamo pensare all’eredità digitale come alla successione del “patrimonio digitale” di una persona a terzi dopo la sua morte. Il patrimonio digitale, a sua volta, comprende diversi beni e rapporti giuridici relativi alle informazioni conservate in formato elettronico sui dispositivi del defunto: lo smartphone, il tablet e così via. Può trattarsi di beni dal valore economico/patrimoniale o emotivo, gestiti digitalmente e spesso protetti da password. Ne fanno parte i file memorizzati offline o tramite servizi di cloud computing, gli account di accesso ai servizi digitali, i messaggi di posta elettronica, le conversazioni in chat, i contenuti sui social media e le criptovalute.

Perché parlare di eredità digitale e come collocare questo tema nel quadro normativo italiano?

Può risultare strano sentirne parlare, ma in realtà è di facile comprensione il motivo per cui la giurisprudenza si è dovuta interrogare sul da farsi: la nostra vita “fisica” ormai aderisce con la vita digitale in ogni momento e questo presuppone l’esistenza di dati che portano alla creazione di una vera e propria seconda identità in digitale che, come per l’identità “ordinaria”, deve essere gestita al momento della morte.

Il diritto in materia di successione è preparato, ma non ancora abbastanza. Il dibattito riguarda la gestione della privacy del defunto e di coloro che hanno avuto interazioni con lui.

È corretto, ad esempio, che i familiari possano accedere ai dati personali digitali del defunto?

D’istinto verrebbe da rispondere che è giusto, in fondo chi non vorrebbe celebrare la memoria di un proprio caro magari sfogliando le fotografie presenti sul suo cellulare.

Il problema però è più complicato, dal momento che non si avrebbe accesso solamente a questa parte, ma anche alle conversazioni, ai documenti informatici, ai movimenti compiuti online. Sotto tutti questi profili rileva la privacy dei soggetti con i quali il de cuius ha intrattenuto un qualunque tipo di rapporto e che, come lui, al momento dell’accesso al servizio online hanno accettato le policy sulla privacy e che hanno altrettanti dati sensibili da proteggere.

Accedere ai dati del defunto: il caso Apple e la sentenza del tribunale di Milano

Ogni servizio online, da quelli di messaggistica fino ai social network come Facebook, sta iniziando a prevedere diverse policy nel tentativo di disciplinare il trattamento degli account in caso di morte: per alcuni, ad esempio, è previsto un termine di inattività allo scadere del quale l’account viene disabilitato, per altri invece è possibile trasformare il profilo social del defunto in “account commemorativo”.

In merito alla possibilità per i familiari di accedere ai dati digitali è interessante le causa promossa in Italia (la prima in questo ambito) da due genitori dopo la morte del figlio nel 2017.

I due genitori avrebbero chiesto ad Apple Italia srl di potere accedere al profilo ICloud del figlio per recuperare le fotografie con cui commemorarlo.

Apple si è opposta facendo leva su quanto disposto dall’Electronic communication privacy act (legge statunitense che norma la divulgazione autorizzata dei dati): l’autorizzazione viene data solo previa presentazione di un “consenso legittimo” la cui validità è attestata dalla sottoscrizione del defunto. Ciò al fine di proteggere l’identità dei soggetti terzi che hanno intrattenuto con lui delle comunicazioni.

Dopo che Apple ha reso nota la propria posizione, i genitori del ragazzo hanno proceduto in giudizio rivolgendosi al tribunale di Milano che ha accolto la richiesta, in quanto Apple pretendeva di sottoporre all’ordinamento italiano requisiti totalmente estranei alle leggi nazionali.

Il considerando numero 27 del GDPR

Nel 2016 l’UE ha emanato il Regolamento generale sulla protezione dei dati (da qui in avanti GDPR), che al Considerando n. 27 afferma che il regolamento non viene applicato alle persone defunte e che questa disciplina è lasciata agli Stati membri, dando quindi come unica disposizione quella di adeguarsi al diritto internazionale con l’emanazione di una norma di diritto interno, che possa in questo caso prevedere la gestione dei dati personali di un defunto.

Però sorge il problema che molti servizi online appartengono a società estere con sedi in Paesi in cui la legislazione è diversa da quella italiana, la quale prevede che, al momento della successione, tutti i diritti e i rapporti contrattuali passino agli eredi.

In questo caso, dunque, una soluzione potrebbe essere quella di affidare le credenziali digitali a un esecutore testamentario nominato da un documento ufficiale di un notaio, che al momento della morte provvederà a consegnarle agli eredi.

I diritti delle persone decedute

In Italia si fa riferimento al d.lgs. n. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) dove si trova tutta la disciplina del trattamento dati, trattamento dei dati personali all’estero, e via dicendo.

L’art 2-terdecies tratta proprio i diritti riguardanti le persone decedute. Al comma 1 viene disposto che i diritti espressi negli articoli da 15 a 22 del GDPR (regolamento n. 2016/679/UE) possono essere esercitati da colui che vanti nei confronti del defunto un interesse proprio, o che agisca a sua tutela in qualità di mandatario oppure per ragioni familiari mutevoli di protezione. Questo può essere limitato nel caso in cui l’interessato abbia espressamente vietato l’accesso con dichiarazione scritta (revocabile in qualsiasi momento) presentata al titolare del trattamento in maniera non equivoca, specifica, libera e informata.

Questa dichiarazione può vietare soltanto l’esercizio di alcuni dei diritti, ma in ogni caso non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte degli eredi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato, nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi.

Allo stato la richiesta di accesso ai dati digitali di un defunto può essere presenta solamente dimostrando di essere mossi da “ragioni familiari meritevoli di tutela”.

In conclusione, si tratta di materia complessa e in continua evoluzione, ma nello stesso tempo molto interessante e di grande attualità.

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