Fallimento dell’azienda: chi può fallire e chi no?
Secondo l’art. 1 della Legge Fallimentare non tutti possono fallire. Il fallimento dell’azienda, infatti, è possibile solo per le imprese private che esercitano un’attività commerciale, sia che si tratti di aziende di tipo individuale o societario. Quindi sono escluse dalla procedura le imprese pubbliche, le imprese non commerciali e le imprese agricole. Sono esclusi anche i piccoli imprenditori (coltivatori diretti, artigiani, chi esercita un’attività professionale organizzata prevalentemente con il proprio lavoro o quello dei propri familiari). Nei prossimi paragrafi vedremo in quali casi è possibile fallire e quali sono le conseguenze per dipendenti e creditori.
Cos’è il fallimento dell’azienda
Il fallimento è il procedimento giudiziario concorsuale liquidatorio che inizia in seguito ad una sentenza del Tribunale e che dichiara fallito l’imprenditore in stato di insolvenza (impossibilità a pagare i propri debiti). Lo scopo del fallimento è soddisfare i creditori dell’azienda fallita, attraverso la liquidazione, cioè la vendita dei beni aziendali o personali.
Chi può chiedere il fallimento
La Legge prevede che solo i soggetti legittimati possano chiedere il fallimento:
1) il debitore, cioè l’imprenditore che dimostra di essere insolvente
2) i creditori, che devono dimostrare sia l’esistenza un credito insoddisfatto nei confronti dell’imprenditore sia lo stato di insolvenza di quest’ultimo
3) il Pubblico Ministero, quando l’insolvenza dell’impresa risulta nel corso di un procedimento penale o in seguito ad una segnalazione proveniente da un giudice nel corso di un procedimento civile o fallimentare, oppure quando vi è latitanza del debitore
Per saperne di più: Non tutti possono fallire
Imprenditori che possono fallire: cosa dice la legge
“Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici. Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.
I limiti di cui alle lettere a), b) e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento.” (Art. 1. Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo)
Abbiamo anticipato che solo le imprese che esercitano un’attività commerciale possono fallire. Rientrano in questa categoria:
– le imprese che producono beni o servizi
– le imprese che si occupano di trasporti (terra, acqua, aria)
– banche e assicurazioni
– le imprese che si occupano di intermediazione nella circolazione dei beni
– le attività ausiliare a quelle indicate nei precedenti punti
Tuttavia, anche le imprese commerciali possono non rientrare nella procedura fallimentare e questo avviene quando sono presenti contestualmente tutte e tre le seguenti condizioni:
1) nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se inferiore) l’azienda ha avuto un attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a 300.000 euro
2) nei tre esercizi precedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento (o dall’inizio dell’attività se inferiore) ha realizzato ricavi lordi complessivi annui non superiori a 200.000 euro
3) l’azienda ha un ammontare di debiti, anche non scaduti, non superiore a 500.000 euro
Non solo, se anche l’azienda presenta questi requisiti, per poter aprire la procedura concorsuale di fallimento, è necessario che si trovi in stato di insolvenza. E’ la situazione in cui l’imprenditore non è più in grado di soddisfare le proprie obbligazioni verso i creditori e di chi vanta crediti nei confronti dell’impresa, primi fra tutti i dipendenti.
Conseguenze del fallimento per l’imprenditore
In seguito alla procedura di fallimento l’imprenditore subisce lo spossessamento. Significa che non perde la proprietà dei suoi beni, ma non può né gestirli né amministrarli.
I beni sottoposti a spossessamento sono:
– beni mobili e immobili
– diritti patrimoniali e potestativi
– beni di proprietà del fallito in via provvisoria
– beni che appartengono a terzi soggetti che vantano un diritto inopponibile alla procedura
– beni ottenuti dopo la dichiarazione di fallimento
Gli unici beni che non possono essere oggetto di spossessamento sono i beni strettamente personali, gli alimenti, gli stipendi e le pensioni nella misura in cui sono necessari al mantenimento dell’imprenditore e della sua famiglia, i fondi patrimoniali ed i beni che non possono essere pignorati.
In seguito alla dichiarazione di fallimento, tutti gli atti e i pagamenti fatti dall’imprenditore fallito sono inefficaci nei confronti dei creditori. Lo stesso vale per i pagamenti ricevuti.
L’imprenditore fallito deve depositare i bilanci e le scritture contabili e fiscali obbligatorie, l’elenco dei creditori e consegnare tutta la corrispondenza relativa all’impresa al Curatore fallimentare. Inoltre, deve comunicare ogni cambio di residenza o domicilio e presentarsi personalmente di fronte agli organi preposti alla procedura di fallimento ogni volta che sia richiesto.
Conseguenze per i dipendenti
I lavoratori subordinati di un’azienda fallita hanno diritto ad alcune garanzie:
1) Fondo di garanzia INPS
In caso di fallimento, se si persegue la cessazione del rapporto di lavoro, i lavoratori diventano creditori dell’imprenditore per le eventuali retribuzioni non corrisposte e per il TFR. Se non ottengono quanto è in loro diritto, in tutto o in parte, possono presentare domanda al Fondo di Garanzia presso l’INPS per il pagamento del trattamento di fine rapporto e di massimo tre mensilità.
2) Assegno di disoccupazione NASpI
A partire dal 1° maggio 2015, i lavoratori dipendenti che hanno perduto involontariamente il posto di lavoro, possono chiedere un’indennità di disoccupazione NASpI, che non spetta nei casi di dimissioni da parte del dipendente o nel caso di risoluzione consensuale.
Per sapere in quali casi si ha diritto alla NASpI:
Dimissioni per giusta causa: cosa sono e quali tutele sono previste?
Licenziamento per giusta causa: si ha diritto alla disoccupazione?
Prima del 2016 era prevista anche un’ulteriore garanzia a tutela dei lavoratori dipendenti di un’impresa soggetta a procedura fallimentare: la CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria).
Era una prestazione economica erogata dall’INPS per integrare o sostituire la retribuzione dei lavoratori nei periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.
Conseguenze per i creditori
In seguito alla procedura fallimentare tutti i crediti diventano esigibili, quindi, alla data della sentenza che dichiara il fallimento, questi vengono considerati scaduti, purché si tratti di crediti nati prima della sentenza. I creditori non possono intraprendere o proseguire nessuna azione individuale nei confronti dell’imprenditore per rivalersi sui beni compresi nella procedura di fallimento. Nel caso in cui i creditori siano anche debitori del fallito, avviene una compensazione.
Assistenza legale in caso di fallimento dell’azienda
ll fallimento si verifica quando un’azienda si ritrova indebitata, quindi il valore dei suoi beni (il suo attivo) non copre più l’ammontare dei debiti. La procedura di fallimento serve ad espropriare l’imprenditore per ripartirne il patrimonio fra i creditori.
Lo Studio Legale Palombarini e Mantegazza è a disposizione per assistere gli imprenditori individuali e le società commerciali nei confronti dei quali viene intrapresa una procedura fallimentare, nonché nei confronti dei creditori che intendono insinuarsi nel passivo di un fallimento o altra procedura concorsuale.
Le sedi dello Studio Palombarini sono a Bologna in Via Bovi Campeggi 4 e a Padova in Via S. Camillo De Lellis 37. Per informazioni e per concordare un appuntamento potete contattarci al numero 051 581410. Il primo appuntamento è gratuito.