Venerdì 11 dicembre scorso, come annunciato dal nostro sito, all’Università di Bologna si è svolto un incontro sulle leggi in tempo di emergenza, alla presenza tra gli altri del sostituto procuratore della Repubblica di Genova, dott. Enrico Zucca, Pubblico ministero nei processi contro la Polizia di Stato svoltisi a seguito dei gravi fatti accaduti a margine del vertice G8 di Genova nel 2001.
Già durante la scorsa estate Zucca aveva accettato di parlare in pubblico nell’ambito della Repubblica delle idee, e lo stesso giornale così aveva ripostato la cronaca dell’incontro.
I fatti della Diaz sono stati “oggetto di un fenomeno classico di rimozione” da parte della polizia. C’è stata un’immediata negazione, forse anche perchè, bisogna riconoscerlo, è un trauma enorme”, e a questo è seguita “la totale rimozione”. Sono parole forti quelle che usa Enrico Zucca, il magistrato dei processi del G8, che per la prima volta accetta di parlare in pubblico di questi temi a Repubblica delle idee con i giornalisti Carlo Bonini e Marco Preve. I fatti di Genova hanno dimostrato secondo Zucca che “quando lo stato si sente minacciato, lo stato di diritto può essere sospeso ovunque”, ma il magistrato è ancora più critico rispetto a quello che è accaduto dopo gli abusi, il fenomeno della “rimozione” che ha caratterizzato quegli abusi e del mancato lavoro fatto sulle cause. “Per evitare il ripetersi di quegli errori _ è la posizione del magistrato _ e di quello che sarebbe più giusto chiamare auto-inganni, occorre riconoscere come questi fenomeni non sono un fatto sporadico, ma sono fenomeni endemici e strutturali non della polizia italiana, ma dei corpi di polizia in genere.
E se i corpi di polizia stranieri studiano questo fenomeno, allo stato attuale la polizia italiana ancora oggi rifiuta di leggere se stessa”.
Anche all’Università di Bologna il dottor Zucca ha ribadito i medesimi concetti con estrema chiarezza e decisione: a Genova ci furono episodi gravi di tortura, su questi episodi in Italia e nella Polizia non si è sufficientemente riflettuto, e, infine, la amara constatazione che, ancora una volta, la legge sulla tortura – richiesta fortemente all’Italia dalla Unione Europea e dalla Corte di Strasburgo – è stata fermata in Parlamento.