famiglia casa-privato

Il contratto di locazione ad uso abitativo di norma prevede che alla prima scadenza (in genere dopo quattro anni), il proprietario possa risolvere (ossia terminare) il contratto solo in presenza di alcune particolari – e tassative – condizioni.

Una di queste è la decisione di vendere la casa a terze persone.

In tal modo il proprietario di casa – volendo vendere la casa libera da cose e persone – può ingiungere al conduttore (l’inquilino) di lasciare l’abitazione alla prima scadenza del contratto, che altrimenti sennò si rinnoverebbe (per altri quattro anni, o una misura diversa a seconda degli accordi iniziali).

In questa occasione, l’inquilino in affitto non deve dimenticare una regola importantissima, dettata dalla lettera g) dell’art. 3 della legge 431/1998: ” [Alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 1 dell’articolo 2 e alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per i seguenti motivi]: …quando il locatore intenda vendere l’immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392”.

Quindi, la disdetta del contratto è valida, ma il proprietario deve consentire all’inquilino di poter eventualmente acquistare la casa alle medesime condizioni a cui egli è intenzionato a venderla ad altri.

Vediamo cosa prevede l’art. 38 della legge 392 del 1978 (la famosa legge sull’ ”equo canone”) richiamato dall’art. 3 della legge 431/98: “Nel  caso  in  cui  il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l’immobile  locato,  deve  darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario. Nella  comunicazione  devono  essere  indicati il corrispettivo, da quantificare  in  ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la  compravendita dovrebbe essere conclusa e l’invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.   Il  conduttore  deve  esercitare  il diritto di prelazione entro il termine  di  sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto  notificato  al  proprietario  a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli. Ove il diritto di prelazione sia esercitato, il versamento del prezzo di acquisto,   salvo  diversa  condizione  indicata  nella comunicazione  del  locatore, deve essere effettuato entro il termine di  trenta  giorni  decorrenti  dal  sessantesimo giorno successivo a quello  dell’avvenuta  notificazione della comunicazione da parte del proprietario,  contestualmente  alla  stipulazione  del  contratto di compravendita o del contratto preliminare. Nel  caso  in  cui  l’immobile  risulti  locato  a piu’ persone, la comunicazione di cui al primo comma deve essere effettuata a ciascuna di esse. Il  diritto  di prelazione puo’ essere esercitato congiuntamente da tutti  i conduttori, ovvero, qualora taluno vi rinunci, dai rimanenti o dal rimanente conduttore. L’avente titolo che, entro trenta giorni dalla notificazione di cui al primo comma, non abbia comunicato agli altri aventi diritto la sua intenzione   di   avvalersi  della  prelazione,  si  considera  avere rinunciato alla prelazione medesima. Le  norme  del  presente  articolo  non  si applicano nelle ipotesi previste  dall’articolo  732  del  codice  civile,  per  le  quali la prelazione   opera   a   favore  dei  coeredi,  e  nella  ipotesi  di trasferimento  effettuato a favore del coniuge o dei parenti entro il secondo grado.”

Dunque come vediamo la legge offre una disciplina precisa e dettagliata, con chiare garanzie a favore dell’inquilino.

Il quale inquilino poi è ulteriormente protetto da possibili “raggiri” del proprietario che per aggirare la norma offra in prelazione la casa ad un valore troppo alto, e quindi di fatto non accettabile, per poi venderla successivamente ad un terzo ad un prezzo più basso.

In tal caso interviene il rimedio del diritto di “riscatto”, previsto dall’art. 39 della legge 392 del 1978, anch’esso richiamato dall’art. 3 della legge 431/1998: “Qualora  il  proprietario  non  provveda  alla notificazione di cui all’articolo  precedente, o il corrispettivo indicato sia superiore a quello   risultante  dall’atto  di  trasferimento  a  titolo  oneroso dell’immobile,  l’avente diritto alla prelazione puo’, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l’immobile dall’acquirente e da ogni altro successivo avente causa. Ove  sia stato esercitato il diritto di riscatto, il versamento del prezzo  deve  essere  effettuato  entro  il  termine  di tre mesi che decorrono,  quando  non  vi  sia opposizione al riscatto, dalla prima udienza del relativo giudizio, o dalla ricezione dell’atto notificato con  cui  l’acquirente  o  successivo avente causa comunichi prima di tale udienza di non opporsi al riscatto. Se  per  qualsiasi  motivo,  l’acquirente o successivo avente causa faccia  opposizione  al  riscatto, il termine di tre mesi decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio.”