diritto di visita del genitore

In una recente pronuncia in tema di affidamento dei figli, la Corte di Cassazione si è soffermata sulla relazione tra il diritto di visita dei genitori e l’eventuale imputazione per abusi sessuali commessi sul minore.

Nel caso concreto, il Tribunale dei Minorenni di Roma aveva disposto l’affidamento condiviso di un minore con collocazione presso la madre, determinando, inoltre le modalità di visita del padre, il quale era stato rinviato a giudizio in un separato procedimento penale per violenza sessuali e lesioni a carico del figlio minore.

Il provvedimento del Tribunale dei minori fu oggetto di reclamo innanzi alla Corte d’Appello competente che decise di adottare un provvedimento provvisorio di affido del minore al servizio sociale, incaricato di predisporre un progetto di cura della relazione tra padre e figlio finalizzato al recupero della stessa, attraverso la necessaria previsione di un supporto terapeutico per il padre e l’organizzazione di incontri protetti tra il padre e il figlio presso un centro specializzato in grado di offrire anche al minore il necessario supporto terapeutico ed ogni altro intervento di sostegno

La Corte d’Appello, infatti, aveva ritenuto che fosse “rispondente all’interesse del minore la ripresa di rapporti con la figura paterna, interrotti da più di quattro anni, senza attendere la conclusione, prevedibilmente non vicina, del procedimento penale a carico del (padre), dato il rischio, segnalato dal consulente tecnico, che l’ulteriore indugio possa rendere impossibile il ripristino della relazione tra padre e figlio, con grave danno per quest’ultimo“.

Avverso tale provvedimento è stato poi proposto dalla madre il ricorso alla Corte di Cassazione.

In tale ricorso, la principale doglianza evidenziata dalla ricorrente è stato l’inciso della Corte d’Appello secondo cui “ancora di più quel rapporto va comunque recuperato, indipendentemente dall’esito del procedimento penale, la cui pendenza giustifica l’adozione delle opportune cautele, non potendosi escludere, attraverso un sostegno terapeutico, il recupero della genitorialità pur nell’eventualità che risultino accertati gli episodi ascritti”. Ad avviso della ricorrente, infatti, questa considerazione era palesemente contraria all’interesse del figlio minore e che, conseguentemente, con tale provvedimento fosse stato attribuito maggior valore al diritto di visita del padre piuttosto che alla tutela degli interessi del figlio minore.

La Corte di Cassazione ha respinto tale ricorso, avallando il provvedimento della Corte d’Appello, e osservando come la considerazione effettuata dalla Corte d’Appello – elemento su cui era fondata la doglianza della ricorrente – non fosse direttamente collegata al dispositivo del provvedimento impugnato, ma come la stessa fosse meramente una considerazione rafforzativa della ratio a base del provvedimento.

Infine, è bene sottolineare come la Corte di Cassazione abbia comunque ribadito che “le decisioni in materia di affidamento dei figli minori producono un giudicato rebus sic stantibus comunque superabile in base a fatti successivi alla loro emissione”, pertanto, tali decisioni non sono idonee ad incidere sugli esiti di un futuro giudizio “prendendo posizione su mere ipotesi di fatti futuri (nella specie la eventualità, appunto, dell’accertamento degli abusi)”.