Il lavoro sportivo è disciplinato da una legge speciale che regola i rapporti tra le società sportive e gli sportivi professionisti, la legge 91 del 1981.
La legge disciplina unicamente il lavoro professionistico, ma attraverso le interpretazioni della giurisprudenza, ha assunto un carattere generale, ed i suoi contenuti sono estesi alle altre fattispecie di lavoro sportivo.
Al rapporto di lavoro sportivo sono comunque applicabili anche le norme del codice civile e la legislazione del lavoro, in quanto non incompatibili.
Sono quindi applicabili tutte le norme a tutela del lavoratore su ferie, riposi settimanali, maternità, sicurezza sul lavoro, gli obblighi di diligenza, obbedienza e fedeltà del lavoratore, la disciplina del potere direttivo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro.
Parimenti, poiché siamo di fronte a lavoratori subordinati, è applicabile la disciplina del diritto sindacale.
Esistono in materia anche i rispettivi accordi collettivi.
Sono invece escluse dal lavoro sportivo alcuni istituti del diritto del lavoro, quali le norme in materia di controlla a distanza, sugli accertamenti sanitari, sulle sanzioni disciplinari e sulle mansioni.
Le discipline sportive, individuate dal CONI, che possono essere oggetto di contratto di lavoro sportivo professionistico sono: il calcio di serie A, serie B e Lega pro, la pallacanestro di serie A e Legadue, il ciclismo per le gare su strada e su posta approvate dalla lega ciclismo, il motociclismo di velocità e motocross, il pugilato di prima,seconda e terza serie nelle 15 categorie di peso.
Secondo un precedente del Tribunale di Napoli possono stipulare contratti con atleti professionisti le società sportive costituite in forma di s.p.a. o s.r.l. il cui atto costitutivo preveda che gli atti siano interamente reinvestiti nella società per il perseguimento esclusivo dell’attività sportiva.
La società deve inoltre ottenere l’affiliazione ad una o più federazioni sportive nazionali riconosciute dal CONI.