I pronunciamenti della Cassazione sul tema della risarcibilità, o meno, dei danni cagionati all’avversario nel corso di attività sportive sono molteplici; evidenziano però un rilevante grado di uniformità interpretativa dei principi in merito e limitano moltissimo la possibilità di chiedere e ottenere il risarcimento di danni prodotti nel corso di attività sportive.
Con un noto pronunciamento di quasi dieci anni fa, la Suprema Corte (sent. N. 20597/2004) chiariva come il parametro valutativo primario, da utilizzarsi per individuare eventualmente la responsabilità di un giocatore per le lesioni riportate da uno dei contendenti, fosse costituito dalle regole di comune prudenza: “… muovendo dal rilievo che la lesione dell’integrità fisica del giocatore ad opera di altro partecipante costituisce un’eventualità contemplata e che un gioco si caratterizza per le sue connotazioni tipiche (oltre che per le sue regole e per il contesto nel quale si svolge), (la Cassazione) ha ritenuto che il comportamento dell’agente debba essere discriminato in relazione allo stretto collegamento funzionale tra giuoco ed evento lesivo”.
Dunque, in quest’ottica la responsabilità deve essere esclusa ogni qualvolta, anche in presenza di una violazione della regola propria dell’attività sportiva specificamente svolta, l’azione (lesiva) sia a questa funzionalmente connessa; di contro, il nesso funzionale è escluso dall’impiego di un grado di violenza o di irruenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato, ovvero col contesto ambientale nel quale l’attività si svolge in concreto, o con la qualità delle persone che vi partecipano.
Il concetto è stato ribadito anche in pronunciamenti più recenti (ad es. Cass. N. 7247/2011): “… qualora siano derivate lesioni personali ad un partecipante all’attività sportiva a seguito di un fatto posto in essere da un altro partecipante, il criterio per individuare in quali ipotesi il comportamento che ha provocato il danno sia esente da responsabilità civile sta nello stretto collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo, collegamento che va escluso se l’atto sia stato compiuto allo scopo di ledere, ovvero con una violenza incompatibile con le caratteristiche concrete del gioco, con la conseguenza che sussiste in ogni caso la responsabilità dell’agente in ipotesi di atti compiuti allo specifico scopo di ledere, anche se gli stessi non integrino una violazione delle regole dell’attività svolta; la responsabilità non sussiste invece se le lesioni siano la conseguenza di un atto posto in essere senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole dell’attività, e non sussiste neppure se, pur in presenza di violazione delle regole proprie dell’attività sportiva specificamente svolta, l’atto sia a questa funzionalmente connesso”.