contratti a termine

In data 04.10.2013, il Ministero del Lavoro ha diramato una nota in tema di intervalli temporali tra due contratti a termine successivi.

La materia è stata di recente7 modificata dal Decreto Lavoro, d.l. 76/2013 conv. in l. 99/2013, il quale ha modificato i termini di cui all’art. 5, comma 3, d.lgs. 368/2001, entro i quali una nuova assunzione a termine determinava la conversione del rapporto a tempo indeterminato.

Tale articolo prevede che “qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell’articolo 1, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Le disposizioni di cui al presente comma, nonché di cui al comma 4, non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali di cui al comma 4-ter nonché in relazione alle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.

Infatti, i termini di 10 e 20 giorni erano stati in precedenza allungati dalla Riforma Fornero a 60 e 90 giorni, consentendo alla contrattazione collettiva in ipotesi predeterminate di ridurre detti termini a 20 e 30 giorni.

E’ sorto così il dubbio interpretativo se gli accordi derogatori stipulati in sede di contrattazione collettiva conservino ancora la loro efficacia o debbano ritenersi superati dalla norma.

Secondo la nota del Ministero del Lavoro, tali accordi debbono ritenersi superati dal disposto della norma, inevitabilmente legati a minimi legali di interruzione (20 e 30 giorni) superiori agli attuali periodi indicati dalla normativa.

Quanto, invece, agli accordi che verranno stipulati in seguito all’entrata in vigore del decreto lavoro, gli stessi potranno prevedere una riduzione o un azzeramento degli intervalli di 10 e 20 giorni nelle ipotesi definite dalla disciplina pattizia con effetti “normativi” nei confronti di tutti i soggetti rientranti nel campo di applicazione degli accordi stessi.
Resta ferma, specifica il Ministero, la possibilità di prevedere intervalli di maggior durata rispetto a quelli legislativamente previsti, ma tali disposizioni potranno avere soltanto un’efficacia obbligatoria, ossia esclusivamente nei confronti delle parti stipulanti.