L’abbandono del tetto coniugale da parte di uno dei coniugi può non comportare necessariamente l’addebito della separazione, qualora ciò avvenga “in una situazione già irrimediabilmente compromessa, anche per ragioni obiettive, che prescindono dall’addebitabilità ad uno dei coniugi”, non costituendo una condotta contraria ai doveri del matrimonio.
Questo è il principio confermato dalla Corte di Cassazione nella recente ordinanza n. 16285 del 27 giugno 2013.
Nel caso di specie, il ricorrente si era rivolto alla Corte di Cassazione per contestare quanto deciso in sede di primo e secondo grado rispettivamente dal Tribunale e dalla Corte d’appello di Venezia.
Il ricorrente, infatti, in primo grado aveva chiesto l’addebito della separazione nei confronti della moglie a causa dell’abbandono del tetto coniugale da parte di quest’ultima, avvenuto repentinamente con una lettera lasciata sul tavolo. Il Tribunale, ed in seguito la Corte d’appello di Venezia, avevano escluso la configurazione dell’addebito in capo alla moglie, giacchè l’abbandono del tetto coniugale era avvenuto in un momento in cui l’unione tra i coniugi era già irrimediabilmente compromessa.
La Corte di Cassazione ha avallato le osservazioni effettuate in particolar modo dalla corte territoriale, la quale si era correttamente conformata al predetto principio espresso dalla più recente giurisprudenza che sancisce la mancanza di efficacia lesiva dell’abbandono del tetto coniugale quando ciò avvenga in una situazione già ampiamente compromessa.
La Corte di Cassazione ha, infatti, sottolineato come nel corso del giudizio il ricorrente non abbia mai contestato la preesistenza di una situazione di intollerabilità della convivenza e che del resto, tale circostanza fosse avvalorata dal modo in cui la moglie aveva comunicato al marito il definitivo abbandono del tetto coniugale – lettera lasciata sul tavolo -, espressione “dell’incomunicabilità ormai frappostasi tra i due”, a sua volta prova del grado elevato della crisi coniugale già in atto.