La Legge 189/2012, che converte in legge (con modifiche) il D.L. 158/2012, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute – più noto come Decreto Sanità o Decreto Balduzzi – risponde normativamente ad una annosa questione: a che titolo di responsabilità risponde il sanitario che, nell’esercizio della propria professione, causa un danno alla salute del paziente?
L’art. 3, comma 1, della citata Legge 189/2012 così recita: “L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo”.
Dunque il legislatore, in un contesto in cui la giurisprudenza è apparsa per anni incostante e lacunosa, ribadisce la specialità della professione sanitaria – già desumibile dall’art. 2236 C.C. che, in punto alla responsabilità del prestatore d’opera, recita “se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave” – in forza della quale il sanitario (quale prestatore d’opera, appunto) è esonerato da responsabilità nel caso in cui la commissione/omissione sia seguente ad una condotta solo lievemente colpevole.
Pertanto, viene introdotta – come parametro normativo di riferimento per la qualificazione di una condotta medica come gravemente colposa (o meno) – la rispondenza di detta condotta alle pratiche e alle linee guida scientifiche generalmente accreditate e adottate in campo medico.
Infine, altra novità di assoluto rilievo è il dettato del comma 3 del citato art. 3: “Il danno biologico conseguente all’attività dell’esercente della professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209”; pertanto, il danno biologico derivante dalla malpractice medica sarà risarcito in base alle tabelle del Codice delle Assicurazioni (previste, all’epoca della loro emanazione, per i soli sinistri stradali – e di cui peraltro esistono solo quelle relative alle lesioni micropermanenti – mentre ancora non sono state emanate quelle per le gravi lesioni, dette macropermanenti).
Escono quindi di scena, in materia, le “Tabelle del Tribunale di Milano” (utilizzate comunemente per la quantificazione del danno biologico prodotto da simili condotte); Tabelle che peraltro, dopo questo ulteriore sforzo del legislatore di regolare la responsabilità civile anche sotto il profilo risarcitorio, parrebbero destinate a diventare sempre più marginali, utilizzabili solo come strumento residuale per le ipotesi di danno non codificate dalla legge.