La Corte Costituzionale dichiara illegittimo l’articolo 3, comma 1 del Decreto legislativo n.23/2015 relativo al contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nello specifico boccia il criterio che determina l’indennità che spetta al lavoratore ingiustificatamente licenziato e che neanche il recente Decreto Dignità è riuscito a migliorare.

Nel luglio 2017 il Tribunale del lavoro di Roma, chiamato a dirimere un contenzioso tra una lavoratrice licenziata e l’azienda, ha sollevato dei dubbi sulla conformità della disciplina sul contratto a tutele crescenti con alcuni articoli della Costituzione, rimettendo la questione alla Corte Costituzionale. Ne avevamo già parlato in questo approfondimento.

Cosa prevedeva il Jobs Act?

L’articolo in questione prevedeva che il datore di lavoro colpevole di aver licenziato illegittimamente un lavoratore, dovesse pagare immediatamente un indennizzo compreso tra 2 e 24 mensilità, il cui calcolo dipendeva dagli anni di servizio prestati in azienda. Il Decreto Dignità ha rivisto la forchetta per l’indennizzo: da 6 a 36 mesi, ma non il meccanismo di determinazione che ha continuato a dipendere dall’anzianità di servizio.

Le motivazioni della Consulta

Secondo la Consulta, il fatto di prevedere un’indennità crescente in ragione della sola anzianità di servizio del lavoratore è contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro sanciti dagli articoli 4 e 35 della Costituzione.