La donazione è, secondo la definizione data dall’articolo 769 c.c. il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.

La struttura della donazione prevede, dunque, il depauperamento del donante a cui corrisponde l’arricchimento patrimoniale del donatario che riflette lo spirito di liberalità, cioè la causa del contratto. Il contratto può avere ad oggetto un diritto o un’obbligazione. In quest’ultimo caso, si ritiene pacificamente che l’unica obbligazione possibile sia quella di dare, perché solo a quest’ultima può corrispondere il binomio arricchimento-depauperamento.

L’articolo 782 prevede la forma solenne dell’atto pubblico alla presenza di almeno due testimoni: il legislatore dimostra di voler adottare particolari cautele per gli atti di disposizione gratuiti per cui il donante, non solo non percepisce compenso, ma addirittura perde una parte del suo patrimonio.  La donazione è un contratto ma, a differenza del codice del 1865,  si trova nel secondo libro del codice civile a chiusura della disciplina delle successioni, data la sua similitudine con il testamento, altro atto gratuito, questa volta mortis causa.

Le particolari cautele di cui si è accennato riguardano l’intera disciplina della donazione. Ciò si evince, in particolare, dalle numerose ipotesi di nullità previste. Senza pretesa di esaustività, si elencano le ipotesi di mandato a donare, donazione a favore del tutore o produttore, mancanza della forma solenne, motivo illecito e, da ultimo, la donazione di beni futuri. L’articolo 771 del codice civile, infatti, dispone che la donazione non può comprendere che i beni presenti del donante. Se comprende beni futuri è nulla rispetto a questi, salvo che si tratti di frutti non ancora separati. La ratio di tale norma è quella di evitare la prodigalità del donante allorquando il bene non è ancora nel proprio patrimonio. Nulla però è disposto in relazione alla donazione di cosa altrui. Si apprende immediatamente la asimmetria con un altro contratto di disposizione dei propri beni: la vendita. Il capo dedicato a questo tipo di contratto, infatti, prevede due distinte ipotesi: l’una all’articolo 1472, rubricata ‘vendita di cosa futura’, e l’altra all’articolo 1478,  rubricata ‘vendita di cosa altrui’, peraltro entrambe ammissibili.

Tale lacuna  deve, pertanto, essere colmata dall’interprete, a partire dal dato normativo.

Da questo punto di vista si sono contrapposti due orientamenti.

L’orientamento maggioritario ritiene inammissibile (nulla o inefficace) la donazione di cosa altrui.  Secondo i sostenitori di questa teoria il sintagma ‘bene futuro’ dell’articolo 771 deve essere letto come bene  soggettivamente futuro, cioè un bene che è presente in rerum natura, ma assente nel patrimonio del donante.  Inoltre, tale ipotesi non potrebbe rientrare nello schema della donazione obbligatoria perché non vi sarebbe  l’immediato  riscontro del binomio depauperamento-arricchimento. All’interno di questa teoria, poi, c’è chi distingue la nullità della donazione di cosa altrui dalla mera inefficacia, idonea però a produrre gli effetti del usucapione abbreviata.

L’orientamento più recente, minoritario, al contrario è favorevole all’ammissibilità della donazione di cosa altrui.

Partendo dal dato normativo, infatti, il legislatore ha decretato la nullità solo della donazione di beni futuri intesi dal punto di vista oggettivo come beni non presenti in rerum natura e ciò si comprende dalla ratio di evitare il depauperamento di qualcosa che ancora non c’è.

A ciò si aggiunga che il legislatore aveva ben presente la distinzione tra beni futuri e beni altrui, come dimostra la sua esposta disciplina della vendita.
La donazione di beni altrui sarebbe pertanto una donazione obbligatoria il cui obbligo è quello, per il donante, di far acquisire il bene al donatario.

Il contrasto dottrinale e giurisprudenziale valeva anche per i beni parzialmente altrui.

Di recente sono intervenute a dirimere il contrasto le Sezioni Unite con la sentenza 5068/2016 che hanno optato per una soluzione intermedia.

La donazione di cosa altrui, secondo il supremo consesso, è nulla ma non per contrasto con l’articolo 771 c.c. bensì per mancanza di causa donandi, in quanto non si realizza lo schema arricchimento-depauperamento, a meno che le parti non siano a conoscenza dell’altruità della cosa e tale conoscenza non risulti dal titolo. In tale ultimo caso la donazione risulterà valida e si tratterà di una donazione obbligatoria, anche nel caso in cui il bene sia solo parzialmente altrui.