L’ANNULLABILITA’ DI UN CONTRATTO
Può accadere che nel corso della stipulazione di un contratto un soggetto, per cause esterne o per caratteristiche personali dello stesso, giunga a formulare erroneamente la propria decisione. In questi casi, tuttavia, contrariamente a quanto si verifica per gli atti affetti da nullità ab origine, il contratto concluso, pur nascendo come atto invalido, produce i propri effetti sin dal giorno della sua stipulazione, effetti che, tuttavia, potranno successivamente essere cancellati a seguito dell’impugnazione dell’atto stesso o che, diversamente, potranno definitivamente consolidarsi qualora nessuno ne reclami il vizio.
CHI PUO RICHIEDERE L ANNULLAMENTO?
La legittimazione ad agire in giudizio affinché venga dichiarata l’annullabilità di un contratto è sancita espressamente dall’art. 1441 c.c del nostro codice civile : “l’annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge”.
Si può affermare, pertanto, che la legittimazione all’esercizio dell’azione di annullamento è generalmente di tipo relativo e che sono davvero rari i casi in cui viene riconosciuta dal nostro ordinamento una legittimazione di tipo assoluto.
QUANDO UN CONTRATTO SI CONSIDERA ANNULLABILE?
Le cause che possono rendere annullabile un contratto, a differenza di quanto accade in materia di nullità, sono tassativamente previste dalla legge.
Pertanto un contratto si rivela annullabile:
– qualora una delle parti contraenti sia incapace di agire ai sensi dell’art. 1425 del codice civile ovvero sia:
- incapace legale (per es. nel caso di un minore o un soggetto interdetto o inabilitato). Si sottolinea che in questi casi non è necessario, ai fini dell’annullabilità del contratto, il requisito della malafede dell’altro contraente. Si specifica inoltre che ai sensi dell art.1426 del codice civile “Il contratto non è annullabile, se il minore ha con raggiri occultato la sua minore età; ma la semplice dichiarazione da lui fatta di essere maggiorenne non è di ostacolo all’impugnazione del contratto” (il minore deve quindi presentare, per esempio, dei documenti falsi);
- incapace naturale ai sensi dell’art. 428 c.c.. Pertanto, “Gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore.
L’annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d’intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell’altro contraente…”;
– qualora il consenso di uno dei contraenti ( così come recitava un antico brocardo “Errantis consensu nullus est” ) si riveli viziato ai sensi dell’art. 1427 c.c.:
- qualora la parte abbia erroneamente prestato il proprio consenso alla conclusione del contratto (per es. un soggetto ha acquistato un anello di metallo pensando fosse d’argento);
- qualora il consenso sia stato estorto al contraente con violenza fisica, psicologica o morale (per esempio aggredendo il soggetto con un coltello, o minacciandolo di vendicarsi o di rivelare informazioni riservate);
- qualora il consenso sia stato prestato a seguito di un raggiro (dolo). Ai fini della richiesta di annullamento quest’ultimo deve essere stato determinante per la stipulazione del contratto tanto che, in assenza di raggiro, la parte ingannata non avrebbe concluso l’accordo. Il dolo non è necessario che consista in un comportamento attivo di colui che lo pone in essere come, per esempio, nel caso di colui che sostituisce, a contratto concluso, il prodotto promesso con un altro, magari di qualità scadente o difettato. Il dolo potrebbe pertanto consistere anche in un comportamento omissivo, ovvero qualora il contraente tralasciasse volontariamente di informare la controparte di alcune caratteristiche fondamentali del prodotto. Tuttavia, rimane in ogni caso lecito il cosiddetto “dolus bonus”, ovvero la normale esagerazione attuata dal venditore nell’esposizione delle qualità di un prodotto o di un servizio, in quanto generalmente protesa a persuadere, non ad ingannare, l’ “uomo della strada”.
ENTRO QUANDO E’ POSSIBILE ESERCITARE L’AZIONE DI ANNULLAMENTO?
Il legislatore, nel rispetto del principio della certezza dei traffici giuridici, ha sancito all’art. 1442 c.c che l’azione di annullamento si prescrive nel termine di cinque anni. Quest’ultimo generalmente decorre dal giorno della stipulazione del contratto o, diversamente, nelle ipotesi di vizi della volontà e di incapacità legale, dal giorno in cui :
- è cessata la violenza;
- è stato scoperto il dolo o l’errore ;
- è cessato lo stato di interdizione o inabilitazione;
- il minore ha raggiunto la maggiore età.
Il soggetto legittimato ad agire per ottenere l’annullamento deve necessariamente dare prova delle anzidette circostanze qualora desideri far decorrere il termine di prescrizione da un giorno diverso da quello della conclusione del contratto.
Si precisa inoltre che, qualora l’accordo non sia ancora stato eseguito e siano passati cinque anni dalla stipulazione del contratto, dalla scoperta dell’errore o del dolo ed il contraente, ,non legittimato a richiedere l’annullamento, richieda l’esecuzione del contratto, sarà sempre possibile per la controparte chiamata ad adempiere eccepirne l’annullabilità. L’eccezione di annullamento è pertanto imprescrittibile, anche una volta prescritta l’azione di annullamento.
COSA ACCADE UNA VOLTA OTTENUTA LA SENTENZA DI ANNULLAMENTO DI UN CONTRATTO?
La sentenza di annullamento è una sentenza “costitutiva”, in quanto elimina una situazione giuridica già esistente: gli effetti del contratto vengono eliminati retroattivamente sin dalla sua stipulazione. Verrà quindi ad essere ripristinata la situazione di fatto e di diritto precedente la conclusione dell’accordo e, in conformità alle disposizioni in materia di ripetizione dell’indebito, la ripetibilità di quanto già eventualmente prestato in sede di esecuzione. Tuttavia ai sensi dell’art. 1443 c.c. “Se il contratto è annullato per incapacità di uno dei contraenti, questi non è tenuto a restituire all’altro la prestazione ricevuta se non nei limiti in cui è stata rivolta a suo vantaggio”.
Inoltre, in conformità al principio di tutela dell’affidamento, l’art. 1445 c.c sancisce che “l’annullamento che non dipende da incapacità legale non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento”.
IN QUALI I CASI SONO “SALVI” GLI EFFETTI DI UN CONTRATTO POTENZIALMENTE ANNULLABILE?
Il negozio annullabile può generalmente essere sanato per prescrizione o per convalida. Tuttavia il codice prevede dei casi di annullabilità parziale.
Ai sensi dell’art. 1446 c.c., analogicamente a quanto sancito dall’art. 1420 c.c., in caso di contratti plurilaterali con comunione di scopo “l’annullabilità che riguarda il vincolo di una sola delle parti non importa annullamento del contratto, salvo che la partecipazione di questa debba, secondo le circostanze, considerarsi essenziale”. Questa norma osserva la regola generale di conservazione del contratto, condivisa dalla Giurisprudenza per quei contratti ove una parte può essere formata da più persone (c.d. parte complessa del contratto). Difatti è opinione condivisa che l’invalidità del contratto sussista solo parzialmente qualora riguardi uno solo dei soggetti costituenti la parte complessa e di cui la partecipazione non possa dirsi essenziale. La dottrina è concorde nel valutare l’essenzialità della partecipazione all’accordo in senso oggettivo, ovvero guardando allo scopo perseguito dalle parti in sede di stipulazione.
Convalida: qualora venga posta in essere non è più possibile esercitare successivamente alcuna forma di annullamento. Il fine ultimo della convalida è rendere definitivi gli effetti precari dell’atto annullabile.
Da un punto di vista soggettivo, la convalida può essere posta in essere solo dal soggetto legittimato a far valere la causa di annullamento. Si precisa che, ai sensi dell’art. 1444 c.c. ,“La convalida non ha effetto se chi l’esegue non è in condizione di concludere validamente il contratto”.
Sempre ex art. 1444 c.c. sotto un profilo oggettivo l’atto di convalida deve dare “menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che si intende convalidarlo” ed inoltre si sottolinea che “il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava l’azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità” .
Rettifica: estingue il diritto all’annullamento della controparte in quanto viene meno il danno della parte in errore. Più precisamente ai sensi dell’art. 1432 c.c.: “La parte in errore non può domandare l’annullamento del contratto se, prima che ad essa possa derivarne pregiudizio, l’altra offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle modalità del contratto che quella intendeva concludere”. L’atto annullabile può essere rettificato sino a quando la controparte può far valere l’invalidità del contratto, potendo anche paralizzare l’eccezione di annullamento eventualmente proposta da quest’ultima.
COME AGIRE?
L’azione di annullamento, come sopra ricordato, non è imprescrittibile, bensì soggetta a termini normativamente previsti. Al fine di esser certi di non perdere di vista le possibilità utili a far valere i propri diritti è sempre bene, quindi, tenersi informati ed affidarsi ai consigli di un esperto.
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