Il diritto di interpello (art. 9, D.Lgs. n. 124/2004, come modificato dal D.L. n. 262/2006) consiste nella facoltà da parte di organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali, enti pubblici nazionali, nonché organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale e consigli nazionali degli ordini professionali, di inoltrare alla Direzione generale per l’Attività Ispettiva, esclusivamente tramite posta elettronica, quesiti di ordine generale sull’applicazione delle normative di competenza del Ministero del Lavoro.
Con Interpello n. 30/2013 il Ministero del Lavoro ha risposto all’istanza presentata dalla Confindustria in merito al criterio utile per il computo dei rapporti di lavoro a tempo determinato, ai fini dell’applicazione di specifiche previsioni di legge.
In particolare, si chiedeva quale fosse la corretta interpretazione delle seguenti norme:
– dell’art. 8, D.Lgs. n. 368/2001 ai fini del riconoscimento dei diritti sindacali di cui all’art. 35, L. n. 300/1970;
– dell’art. 12, D.Lgs. n. 25/2007, sulla disciplina dell’informazione e della consultazione dei lavoratori;
– dell’art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 113/2012 concernente i CAE (Comitati Aziendali Europei).
L’art. 8, d.lgs. 368/2001, è stato recentemente modificato dalla l. 97/2013.
A decorrere dal 31 dicembre 2013, “i limiti prescritti dal primo e dal secondo comma dell’articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, per il computo dei dipendenti si basano sul numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro“.
Analogamente l’art. 3, D.Lgs. n. 25/2007 in ordine alla disciplina dell’informazione e della consultazione dei lavoratori prevede che “la soglia numerica occupazionale è definita nel rispetto delle norme di legge e si basa sul numero medio mensile dei lavoratori subordinati, a tempo determinato ed indeterminato, impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro“.
Secondo il Ministero del Lavoro, ai fini della corretta interpretazione di tali criteri di computo dei lavoratori a termine, occorre effettuare la somma di tutti i periodi di rapporto di lavoro a tempo determinato, svolti a favore del datore di lavoro nell’ultimo biennio e successivamente dividere il totale per 24 mesi. Il risultato così ottenuto consente di determinare il numero medio mensile dei lavoratori subordinati impiegati nell’arco di 24 mesi.
A titolo esemplificativo, nell’ipotesi di due lavoratori a tempo determinato con rapporti di lavoro rispettivamente pari a 12 per ciascuno nel corso degli ultimi due anni, si procederà a sommare la durata di ciascun rapporto (12 mesi + 12 mesi = 24 mesi ) per poi dividere tale risultato per 24 mesi (24 : 24 = 1 unità lavorativa). Ne consegue che il numero medio mensile dei lavoratori subordinati impiegati nell’arco di 24 mesi è pari a 1 unità.
Per quanto riguarda l’art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 113/2012, concernente i Comitati Aziendali Europei, il riferimento alla “ponderazione” non sembra modificare nella sostanza il criterio di computo contemplato dalle due disposizioni citate.
Pertanto, ad avviso del Ministero, il criterio di computo dei contratti a tempo determinato sopra descritto potrà trovare applicazione anche in quest’ultima fattispecie.