In caso di licenziamento illegittimo, a fronte di una pronuncia che condanni l’azienda a risarcire economicamente il lavoratore, l’azienda stessa può contestare che quest’ultimo abbia nel frattempo percepito dei redditi diversi (il concetto così detto “aliunde perceptum”, ossia l’aver guadagnato da altri rapporti di lavoro).

In tal caso i giudici prevedono che se il datore di lavoro dimostra l’aliunde perceptum, tali somme possano essere detratte da quanto il datore di lavoro deve corrispondere a titolo di risarcimento del danno.

Secondo una recente pronuncia giurisprudenziale non vanno però detratti dal risarcimento per un licenziamento dichiarato illegittimo i compensi percepiti dal dipendente per un secondo lavoro iniziato già in epoca antecedente al recesso.

“L’affermazione [commenta il sito Wikilabour] costituisce la conseguenza dell’applicazione dell’art. 1223 c.c. e della regola della “compensatio lucri cum damno”, alla stregua della quale, in caso di licenziamento dichiarato illegittimo, i compensi percepiti dal lavoratore tra licenziamento e reintegrazione sono detraibili dal risarcimento dovuto ex art. 18 S.L. unicamente se siano incompatibili con la prosecuzione della prestazione lavorativa e siano stati pertanto resi possibili solo dalla interruzione del rapporto a seguito del licenziamento”..