Dal sito DL online, rivista telematica del lavoro diretta da Mario Fezzi, avvocato di Milano grande esperto della materia lavoristica, abbiamo tratto una interessante domanda e risposta, su un tema sempre attuale: le riproponiamo di seguito.

“Come sono regolati nel contratto a tutele crescenti [ il nuovo contratto di lavoro introdotto dal Jobs act per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 ] i licenziamenti per sopravvenuta inidoneità e per superamento del comporto?

“Il licenziamento per sopravvenuta inidoneità rappresenta uno dei pochi casi in cui permane il dirtto alla reintegrazione anche a favore dei lavoratori assunti con contratto a tutele crescenti. Infatti il Giudice, quando accerta il difetto di giustificazione del licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità fisica o psichica, condanna il datore di lavoro a reintegrare in servizio il lavoratore e a risarcirgli il danno, nella misura di tutte le mensilità perse dall’illegittimo licenziamento sino all’effettiva ricostituzione del rapporto (comunque, nella misura minima di 5 mensilità).

Dubbie, invece, sono le conseguenze dell’illegittimità del licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto (ovvero del periodo massimo, stabilito dalla contrattazione collettiva, in cui il lavoratore in malattia o in infortunio ha diritto alla conservazione del posto di lavoro). Infatti, la nuova normativa relativa al contratto a tutele crescenti non menziona espressamente la fattispecie, lasciando, pertanto, all’interprete il compito di colmare la lacuna.

Al riguardo, si deve ritenere ancora una volta applicabile la sanzione della reintegrazione. Infatti, tra i casi di inidoneità fisica o psichica (per i quali, come si è visto, è esplicitamente prevista la reintegrazione) rientra certamente anche la malattia, che comporta una disabilità temporanea. Se così non fosse, la natura imperativa della tutela della salute renderebbe addirittura nullo il licenziamento in questione e, pertanto, ancora una volta sarebbe applicabile la reintegrazione.”