Contratto a termine: quali sono i limiti?

Oggi il contatto a termine è usato per regolare moltissimi rapporti di lavoro. Fino al 2000 la legge poneva un freno alla possibilità di ricorrere a questa tipologia contrattuale, ma negli ultimi 18 anni (e fino al luglio di quest’anno) c’è stata un’inversione di tendenza. Tuttavia, se è vero che stipulare un contratto a termine, oggi, è più semplice che in passato, è anche vero che la legge pone dei limiti al suo utilizzo, con l’obiettivo di tutelare la parte più debole del rapporto contrattuale, cioè il lavoratore.

Limiti che con il nuovo Governo sono diventati sempre più stringenti.

Infatti, l’entrata in vigore del Decreto Dignità (Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese), avvenuta il 14 luglio 2018, porta con sé alcune novità importanti in materia perché, in controtendenza rispetto alle ultime misure adottate dal 2000 in poi, ha l’obiettivo dichiarato di limitare il ricorso al contratto a termine, favorendo invece il contratto a tempo indeterminato.

Ripercorriamo quindi i tratti salienti che caratterizzano il contratto a tempo determinato, focalizzandoci soprattutto sui limiti previsti dalle norme relative al diritto del lavoro.

Contratto a termine: cosa prevede la legge

In linea di principio, la legge prevede che, quando si stipula un contratto di lavoro, questo debba essere a tempo indeterminato, ma stabilisce anche che in alcuni casi le parti possono concordare una scadenza e sottoscrivere un contratto a tempo determinato o a termine. Fino a vent’anni fa le norme sul diritto del lavoro non favorivano il ricorso a questa tipologia contrattuale, stabilendo chiaramente che si poteva utilizzare solo in alcuni casi, che andavano motivati da ragioni di tipo tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo.

Col tempo le cose sono cambiate, sono entrate in vigore nuove leggi, sempre più aperte nei confronti del contratto a termine e così, negli ultimi anni, stipulare un contratto a tempo determinato è diventato molto più semplice che in passato. Le cose, però, sono cambiate nuovamente, perché con il recentissimo Decreto Dignità, si è posto un freno a questa tendenza.

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I limiti del contratto a tempo determinato

Il contratto a tempo determinato è per sua natura un rapporto “precario” e la legge, per tutelare il lavoratore, fissa dei limiti che servono a impedire che i datori di lavoro abusino di questa tipologia contrattuale a discapito della controparte. Vediamo quali sono.

1) Il limite della durata

Il D.lgs 81/2015 stabiliva che il contratto a termine non potesse durare complessivamente più di 36 mesi (cioè 3 anni), a meno che non si trattasse di un contratto di lavoro stagionale e salvo le disposizioni previste dai contratti collettivi di alcune categorie. A partire da luglio 2018, invece, la durata del contratto a tempo determinato non può essere superiore a 12 mesi, si può concordare una durata maggiore, ma non può eccedere i 24 mesi ed è ammessa solo se è presente almeno una di queste condizioni:

    • il datore di lavoro deve fronteggiare esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori
    • il datore di lavoro deve fronteggiare esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria

Cosa succede se il contratto a tempo determinato supera i 24 mesi?
E cosa accade se, oltre al contratto che rispetta il limite dei 24 mesi, vengono stipulati anche altri contratti successivi che portano al superamento della soglia fissata per legge?

In entrambi i casi il contratto a tempo determinato si trasforma in contratto a tempo indeterminato, a partire dal giorno in cui è avvenuto il superamento del limite di legge.

Inoltre, a parte i rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni, quando si stipula un contratto a tempo determinato il termine deve risultate da un atto scritto, altrimenti il limite temporale non ha effetto. Il datore di lavoro deve consegnare al lavoratore copia dell’atto scritto entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione e nel testo deve specificare, in caso di rinnovo, le esigenze per cui è stato stipulato. Se si tratta di una proroga, la specificazione è necessaria solo quando il termine complessivo del rapporto di lavoro supera i 12 mesi.

2) Il limite delle proroghe

Il Jobs Act prevedeva che il contratto a tempo determinato potesse essere prorogato fino a 5 volte, ma solo se anche il lavoratore era d’accordo e se il contratto a termine che si voleva prorogare aveva una durata inferiore ai 36 mesi. Con il Decreto Dignità, invece, il contratto a termine può essere:

  • rinnovato solo se sussistono le esigenze indicate nel precedente paragrafo (esigenze temporanee e oggettive, sostitutive di altri lavoratori o connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria)
  • prorogato liberamente nei primi 12 mesi, dopo i quali può essere prolungato solo in presenza delle condizioni appena esposte

I contratti per le attività stagionali possono essere rinnovati o prorogati anche se non sussistono le esigenze temporanee o sostitutive indicate dal decreto.

In caso di proroga è necessario il consenso del lavoratore ed il prolungamento è possibile solo quando la durata iniziale del contratto è inferiore a 24 mesi, con un massimo di 4 proroghe. Se il numero di proroghe supera questo limite, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato a partire dalla data di decorrenza della quinta proroga.

3) Il limite del 20% cioè il limite al numero di lavoratori a termine che un’azienda può assumere

La legge stabilisce che il numero di lavoratori con contratto a tempo determinato di un’azienda non può superare il 20% del numero di lavoratori a tempo indeterminato.

Quindi, per esempio, se in un’azienda ci sono 100 lavoratori a tempo indeterminato, il numero di lavoratori con contratto a termine non può essere 21, ma al massimo 20.

Ci sono, però, delle eccezioni.

Il limite del 20% non si applica se l’azienda ha fino 5 dipendenti, se è un’attività appena avviata o una start-up innovativa, se il contratto a termine serve ad assumere persone che sostituiscano dipendenti in maternità, aspettativa o malattia, se il lavoro è di tipo stagionale o il contratto riguarda particolari attività (spettacoli, programmi radiofonici o televisivi). Infine non si applica se il lavoratore ha più di 50 anni e se l’assunzione fa riferimento a contratti tra istituti di ricerca e tecnici o ricercatori.

Sergio Palombarini Avvocato del lavoro a Bologna

L’Avvocato Palombarini è a disposizione di aziende e lavoratori per consulenza, assistenza e supporto alla redazione dei contratti a termine. Appassionato della materia da molti anni, è Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Bologna e Socio di Ager-Agi, Avvocati giuslavoristi dell’Emilia Romagna, emanazione regionale della Associazione Avvocati giuslavoristi italiani. Ha patrocinato pratiche giuslavoristiche e di diritto sindacale avanti alle Preture, Tribunali e Corti di Appello di Bologna, Milano e svariate altre sedi del centro-nord Italia.

Le sedi dello Studio Palombarini sono a Bologna in Via Bovi Campeggi 4 e a Padova in Via S. Camillo De Lellis 37. Per informazioni e per concordare un appuntamento potete contattarci al numero 051 581410.

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