La Corte di cassazione a Sezioni Unite (n. 735 del 19.01.2015) è intervenuta a dirimere un contrasto giurisprudenziale sorto in merito all’istituto dell’occupazione acquisitiva, in relazione alle occupazioni anteriori all’entrata in vigore del Testo Unico n. 327 del 2001, esprimendo il seguente principio di diritto: “l’illecito spossessamento del privato da parte della Pubblica Amministrazione e l’irreversibile trasformazione del suo terreno per la costruzione di un’opera pubblica non danno luogo, anche quando vi sia stata dichiarazione di pubblica utilità, all’acquisto dell’area da parte dell’Amministrazione ed il privato ha diritto a chiederne la restituzione salvo che non decida di abdicare al suo diritto e di chiedere il risarcimento del danno. (…) Il privato, inoltre, ha diritto al risarcimento dei danni per il periodo, non coperto dall’eventuale occupazione legittima, durante il quale ha subito la perdita delle utilità ricavabile dal terreno e ciò sino al momento della restituzione ovvero sino al momento in cui ha chiesto il risarcimento del danno per equivalente, abdicando alla proprietà del terreno. Ne consegue che la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente”.
Il contrasto era sorto tra due orientamenti: il primo configurava l’occupazione in questione come illecito istantaneo con effetti permanenti e riconosceva al proprietario l’intero controvalore del bene espropriato; il secondo, invece, riteneva che il soggetto che subisce l’occupazione illegittima rimane titolare del bene occupato e può chiedere il risarcimento dei danni da illecito permanente ma non il controvalore dell’immobile.
La pronuncia delle Sezioni Unite ha preso in considerazione non solo l’evoluzione dell’istituto nel nostro ordinamento giuridico, ma anche la giurisprudenza nazionale e comunitaria in materia di occupazione acquisitiva.
Nel nostro ordinamento l’istituto è di creazione giurisprudenziale risalente agli anni settanta, per poi essere previsto dal T.U. Espropriazione.
Alla fine degli anni ‘70 la Cassazione riconosceva al privato il diritto ad un indennizzo in caso di tardiva sopravvenienza del decreto di espropriazione.
La Corte Europea dei Diritti dell’uomo, invece, ha più volte dichiarato “in radicale contrasto con la Convenzione il principio dell’espropriazione indiretta, con la quale il trasferimento della proprietà del bene dal privato alla Pubblica Amministrazione avviene in virtù della constatazione della situazione di illegalità o illiceità commessa dalla stessa amministrazione, con l’effetto di convalidarla; di consentire a quest’ultima di trarne vantaggio; nonché di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione con il rischio di un risultato arbitrario per gli interessati. Lo Stato dovrebbe eliminare gli ostacoli giuridici che impediscono la restituzione del terreno”.
È pertanto impossibile, per la Corte, affermare in via interpretativa che da un’attività illecita della P.A. possa derivare la perdita del diritto di proprietà da parte del privato; tale attività, piuttosto, non solo non consente l’acquisizione, ma attribuisce al proprietario la tutela reale e cautelare oltre al risarcimento del danno, in virtù dell’art. 2043 c.c., in quanto trattasi di illecito di diritto comune.