LA MATERNITA’ SURROGATA; UNA RECENTE SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE
La Cassazione, con la sentenza 11.11.2014 n. 24001, ha nuovamente affrontato il problema delle coppie che si recano all’estero per ricorrere alle pratiche di maternità surrogata, vietate in Italia.
In particolare, la legge n. 40 del 2004 vieta di ricorrere al c.d. “utero in affitto”, in quanto ciò sarebbe in contrasto con l’ordine pubblico, potendo generare una crisi di identità personale del minore.
La prassi ha visto, quindi, numerose coppie recarsi nei paesi esteri nei quali tale pratica è lecita.
Invero, la giurisprudenza è stata oscillante sulla possibilità di ammettere il valido riconoscimento del figlio nato all’estero da parte dei genitori “affittuari”. Infatti, secondo la legge n. 218 del 1995 sul diritto internazionale privato, se un atto è compiuto validamente all’estero, secondo la legge di quel paese, deve ritenersi valido anche nel nostro ordinamento, purché esso non contrasti con l’ordine pubblico internazionale, da intendersi quale somma dei valori fondamentali di una determinata epoca. Vale la pena, dunque, ricostruire la fattispecie oggetto di analisi da parte della Corte di cassazione.
Una coppia di coniugi italiani che non poteva avere figli è ricorsa alla tecnica della surrogazione di maternità in Ucraina, la cui legislazione nazionale consente tale pratica. Tornata in Italia con il figlio appena nato, la coppia presentava all’anagrafe del Comune della propria città il certificato di nascita rilasciato in Ucraina, ma, risultando sospetta la veridicità della dichiarazione di nascita, il Pubblico Ministero presso il Tribunale per i minorenni chiedeva che fosse dichiarato da quest’ultimo lo stato di abbandono e quindi di adottabilità del minore.
Il Tribunale per i Minorenni investito della questione ha accertato che nessuno dei due i coniugi era genitore biologico del minore e che la legge ucraina in materia consente di ricorrere alla tecnica dell’utero in affitto a determinate condizioni (gli ovociti non devono appartenere alla donna che esegue la gestazione e almeno il 50% del patrimonio genetico del nascituro deve provenire dalla coppia). Il Tribunale per i Minorenni affermava, quindi, che il contratto di surrogazione di maternità era da considerarsi nullo, non solo perché la pratica della maternità surrogata è vietata in Italia dall’art. 14 della Legge n. 40 del 19.02.2004, ma anche perché violava la stessa legge Ucraina. Ne conseguiva, pertanto, l’accertamento dello stato di abbandono ed infine la dichiarazione di adottabilità del figlio, confermata altresì dalla Corte d’Appello.
Anche la Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla coppia di coniugi, affermando il principio secondo cui l’ordine pubblico si identifica con i principi fondamentali che caratterizzano l’ordinamento giuridico. Questi principi non si identificano necessariamente con i valori condivisi della comunità internazionale: l’ordine pubblico internazionale è il limite che l’ordinamento nazionale pone all’ingresso di norme e provvedimenti stranieri a protezione della sua coerenza interna; dunque non può ridursi ai soli valori condivisi dalla comunità internazionale, ma comprende anche principi e valori propri. Il divieto della maternità surrogata, quindi, per la Corte, risponderebbe ad esigenze di ordine pubblico e non contrasta con la tutela del preminente interesse del minore.