Qualora uno dei coniugi sia senza lavoro e non riesca, per ragioni oggettive, ad assicurarsi un tenore di vita adeguato a quello tenuto in costanza di matrimonio, l’altro coniuge sarà obbligato a corrispondere al coniuge disoccupato un assegno divorzile.
Il suindicato principio di diritto è stato recentemente confermato dalla Prima sezione Civile della Corte di Cassazione nella pronuncia 16597 del 03.07.2013.
In detta pronuncia la Corte ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Ancona la quale aveva rilevato che “mentre il marito era un noto ed affermato commercialista, la moglie, quarantaseienne e titolare di un diploma di scuola media superiore, era priva di una stabile occupazione” e sebbene “la difficoltà di trovare un lavoro redditizio era dovuta alla vita movimentata della donna, già ristretta in carcere per reati di natura patrimoniale, ha ritenuto che il bisogno, prevalente sulla colpa, giustificasse il riconoscimento del diritto all’assegno”.
Tale ricostruzione è stata nella sostanza (intesa come concessione dell’assegno divorzile in favore della moglie) confermata dalla Cassazione sulla base dell’affermazione della natura assistenziale dell’assegno che ” trova infatti riscontro nel consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che ricollega tale carattere alla disciplina dettata dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, la quale individua, quale presupposto per il riconoscimento di tale contributo, l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione del richiedente e l’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive “.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha corretto alcuni passaggi del ragionamento operato dalla Corte d’Appello di Ancona, ed in particolare l’aver “[…] subordinato il riconoscimento dell’assegno all’accertamento dello stato di bisogno dell’intimata e ad un giudizio di prevalenza dello stesso rispetto alla colpa dell’interessata”. Infatti, sempre secondo la Corte di Cassazione, da un lato “tale inadeguatezza dev’essere intesa non già come stato di bisogno, ovverosia come mancanza di mezzi di sostentamento, bensì come insufficienza delle sostanze e dei redditi di cui il richiedente dispone ad assicurargli la conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del rapporto”, e da un altro “l’esigenza che l’indisponibilità di mezzi economici adeguati sia ricollegabile a ragioni obiettive non giustifica poi il bilanciamento compiuto dalla Corte territoriale tra lo stato di bisogno e la colpa della richiedente, non occorrendo, ai fini dell’attribuzione dell’assegno, un’indagine in ordine all’imputabilità delle circostanze che hanno condotto il coniuge istante al presente stato di ristrettezza economica, ma solo una valutazione in ordine alla sua attuale capacità di procurarsi ulteriori risorse, al fine di stabilire se l’inadeguatezza dei mezzi di cui dispone sia dovuta ad una sua colpevole inerzia “.