Il 3.08.2016 la Corte di Cassazione, sezione lavoro, ha emesso un’ interessante sentenza che affronta il rapporto tra tre elementi fondamentali del diritto del lavoro: il potere disciplinare del datore di lavoro (art. 2106 c.c.), il potere di recesso ex art. 2119 c.c (ossia il licenziamento) e le prestazioni di lavoro ex art. 2103 c.c. (la norma che disciplina le mansione e la qualifica del lavoratore).
Il fatto oggetto della sentenza n. 16217 tratta il licenziamento di un vigilante – confermato come legittimo in primo e in secondo grado – per non aver svolto le seguenti attività: assenza di controllo ad intervalli di 90 minuti secondo le disposizioni di servizio favorendo un furto all’interno della società presso il quale detto servizio di vigilanza veniva espletato, manomissione del sistema di controllo della prestazione cui era addetto e, di conseguenza, alterazione della striscia attestante le intervenute ispezioni.
La Corte d’Appello di Napoli, confermando la sentenza del Tribunale di Napoli, escludeva che nel caso di specie vi fosse una sproporzione fra sanzione irrogata e mancanze contestate, accertando che l’inadempimento compiuto dal lavoratore fosse di una gravità tale da minare il rapporto fiduciario tra le parti alla base del rapporto di lavoro, nonostante la possibilità di riconoscere la pluralità dei singoli fatti commessi dal vigilante come condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base del contratto di lavoro collettivo del settore.
La Corte di Cassazione conferma il licenziamento del lavoratore in quanto proporzionato alle mancanze addebitate, affermando che spetta al giudice di merito il compito di vagliare la proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato, e non alla Cassazione. Pertanto, il giudice di legittimità, nel case in esame, dichiara legittimo il licenziamento del lavoratore poiché riscontra una motivazione sufficiente e non contraddittoria alla base della sentenza di secondo grado
La Cassazione civile sezione lavoro, con la sentenza n. 16217, ha confermato la legittimità del licenziamento del vigilante dichiarando la prova della giusta causa, costituita da registrazioni provenienti da telecamera fissa, obiettiva e certa ai fini del recesso ex art. 2119.
Pertanto si può concludere che tante piccole mancanze, di per se stesse non in grado di causare un licenziamento, possono essere valutate unitariamente, come idonee a causare la perdita di fiducia da parte del datore di lavoro, il quale può legittimamente reagire con il licenziamento per giusta causa.