La procedura disciplinare nel pubblico impiego è regolata in maniera organica dal D.lgs 30 marzo del 2001, n. 165, Testo Unico sul pubblico impiego, così come novellato dal D. lgs 27 ottobre 2009, n. 150 (Decreto Brunetta). Nello specifico, occorre far riferimento agli articoli che vanno dal 54 al 55 opties: disposizioni imperative, inderogabili ed idonee a sostituirsi alle norme eventualmente poste dall’autonomia collettiva.
Per quanto attiene alla competenza in materia disciplinare, l’art. 55 bis prevede che la stessa “per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione per più di dieci giorni” spetti al responsabile della struttura, sa ha la qualifica dirigenziale.
Se la sanzione in astratto applicabile è più grave di quelle sopra indicate, ovvero il responsabile della struttura non possiede la qualifica dirigenziale, questi è tenuto a trasmettere la “notitia criminis” entro 5 giorni dalla notizia del fatto all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari; ciascuna amministrazione, infatti, secondo il proprio ordinamento, individua un ufficio (analogamente a quanto previsto dall’art. 12 bis del D.Lgs. 80 del 1998 per la gestione delle controversie di lavoro) competente per i procedimenti disciplinari (art. 55 bis, 4° comma D.Lgs. 165/2001).
Ogni provvedimento disciplinare, ad eccezione del rimprovero verbale, deve essere adottato previa tempestiva contestazione scritta dell’addebito al dipendente e l’art. 55 bis, 5° comma indica le forme con le quali devono avvenire tutte le comunicazioni al dipendente nell’ambito del procedimento disciplinare prevedendosi tra le stesse anche la posta elettronica certificata; il datore di lavoro deve contestare l’addebito al proprio dipendente in tempi brevi in relazione alla conoscenza che ha avuto dei fatti e alla complessità degli accertamenti da compiere. A questo proposito il D.Lgs. 150/2009 stabilisce che nel caso di procedimento disciplinare di competenza del responsabile con qualifica dirigenziale l’addebito deve essere contestato senza indugio e comunque non oltre venti giorni e che con la medesima comunicazione il dipendente viene convocato per contraddittorio a sua difesa con un preavviso di almeno dieci giorni; in tale occasione il pubblico dipendente può farsi assistere da un sindacalista ma anche da un avvocato/ procuratore. Il procedimento, in ogni caso, deve giungere al suo esito ( archiviazione o irrogazione della sanzione ) nel termine perentorio di 60 giorni dalla contestazione dell’addebito.
Da ultimo, con particolare riferimento all’attualità ed al tema caldo dei “furbetti”, si segnala che Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Maria Anna Madia, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo recante modifiche all’articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera s) della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di licenziamento disciplinare. Nello specifico, il decreto interviene sulla disciplina prevista per la fattispecie di illecito disciplinare denominata falsa attestazione della presenza in servizio. L’intervento, oltre a specificare tutte le condotte riconducibili alla fattispecie, prevede la sospensione obbligatoria dal servizio e dalla retribuzione in caso di illecito riscontrato in flagranza. Il provvedimento di sospensione scatterà entro 48 ore e il procedimento disciplinare dovrà concludersi entro 30 giorni. Sono previste la responsabilità per danno erariale del dipendente, con una condanna minima pari a 6 mensilità, ove la condotta illecita abbia comportato un danno di immagine all’amministrazione, e la responsabilità disciplinare del dirigente che non proceda alla sospensione e all’avvio del procedimento.