Se una persona (fisica) commette un reato, la responsabilità è sua; ma quando l’illecito è stato compiuto nell’interesse dell’Ente di cui fa parte, anche quest’ultimo è responsabile? Un tempo no, ma con l’entrata in vigore del decreto legislativo dell’8 giugno 2001, n.231, la responsabilità è stata estesa anche ad imprese e associazioni (più in generale le “societas”).
Ecco una panoramica della disciplina sulla responsabilità amministrativa da reato degli Enti.
E’ caduto il principio “societas delinquere non potest”
Secondo la legge italiana, se una persona fisica commette un reato, la responsabilità è sua.
E’ un principio sancito dalla nostra Costituzione all’articolo 27: “La responsabilità penale è personale. (…)”
Cosa accade, però, se l’illecito è stato compiuto per favorire l’Ente di cui la persona colpevole fa parte?
Fino all’entrata in vigore del d.lgs. 231/2001 valeva il principio “societas delinquere non potest”, “la società non può commettere reati”. Perciò, la responsabilità della persona fisica non si estendeva all’Ente.
Con l’introduzione del decreto legislativo dell’8 giugno 2001, n.231 , non è più così: quando i reati commessi da persone fisiche sono a vantaggio dell’Ente di cui fanno parte, anche quest’ultimo è responsabile, se non si è organizzato preventivamente per evitare crimini al suo interno.
In Europa il principio di responsabilità penale degli Enti è una realtà nota da tempo. E’ dall’esperienza maturata in altri Paesi, poi convogliata nella Convenzione OCSE, firmata dall’Italia e recepita dal decreto 231, che anche il nostro Paese si è allineato alle normative di altri Stati europei.
Responsabilità da reato degli Enti: a quali organizzazioni si applica?
Possono essere ritenuti responsabili per un reato ai sensi del decreto 231:
– gli enti forniti di personalità giuridica
– le società fornite di personalità giuridica
– le associazioni anche prive di personalità giuridica
La norma invece non si applica a:
– lo Stato
– gli enti pubblici-territoriali
– gli altri enti pubblici non economici
– enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale
La Cassazione è intervenuta per chiarire che anche le s.p.a. a partecipazione mista pubblico-privata sono soggette al decreto 231, mentre non vi rientrano le imprese individuali.
L’Ente è responsabile per le azioni illecite di qualsiasi persona che ne fa parte, o solo per le azioni di alcuni soggetti in particolare?
Perché a rispondere sia anche l’Ente, chi commette il reato (delitto o contravvenzione) deve essere o:
1) un soggetto “apicale” cioè:
– una persona con funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’Ente che lo gestisce o controlla, anche di fatto
– oppure, una persona con funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione di un’unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, e che la gestisce o controlla, anche di fatto
2) persone sotto la direzione del soggetto “apicale” o su cui questi vigila
La responsabilità si estende all’Ente per qualsiasi reato?
No. La responsabilità si estende anche all’Ente se il reato è stato commesso nel suo interesse o a suo vantaggio.
Se la persona ha agito per interesse esclusivamente proprio o di altri, ma non dell’Ente, la responsabilità resta sua e l’Ente non può essere coinvolto.
Invece, se c’è un interesse parziale o marginale per l’Ente, quest’ultimo è responsabile, anche se non ha tratto alcun vantaggio concreto dal reato. In questo secondo caso, l’Ente può al massimo beneficiare di una riduzione della sanzione pecuniaria.
Tuttavia, la responsabilità dell’Ente può sussistere anche se il reato è stato commesso da un suo membro insieme a terzi, che non fanno parte dell’organizzazione. E’ il caso, per esempio, degli appalti. Quando un lavoratore muore o subisce un grave incidente sul lavoro per colpa della ditta appaltatrice, che non ha adottato le misure necessarie per la sicurezza perché, ad esempio, si è aggiudicata l’appalto risparmiando sulla prevenzione, per rispettare i criteri economici restrittivi del bando presentato dal committente, la responsabilità può essere estesa anche a quest’ultimo.
Infine, la norma si applica anche agli Enti con sede principale in Italia per reati commessi all’estero, purché non sia già intervenuto lo Stato del Paese in cui è stato commesso il fatto.
E se l’Ente avesse adottato tutte le misure necessarie a impedire il reato, sarebbe comunque imputabile?
L’Ente è responsabile se non ha adottato le misure necessarie ad impedire il fatto illecito. Se invece le ha adottate, deve dimostrare:
– di aver non solo adottato, ma anche attuato efficacemente modelli di organizzazione e gestione tali da impedire reati come quello compiuto, prima che il fatto fosse commesso
– di aver istituito un organismo di vigilanza, dotato di autonomia e iniziativa
– che il reato è stato commesso in modo tale da eludere tutti i modelli adottati dall’organizzazione per impedire reati
La responsabilità dell’Ente può verificarsi anche se sussiste solo un tentativo di reato, quindi anche se questo non è avvenuto.
Quali sanzioni sono previste?
Il decreto 231 prevede diversi tipi di sanzione:
1) pecuniarie, che si basano su un sistema di “quote”: per ogni illecito la legge stabilisce un numero minimo ed un numero massimo di quote, che non possono essere mai inferiori a 100 o superiori a 1000 ed il loro importo varia fra i 258 euro e i 1549 euro; su questa base è il Giudice a stabilire l’importo della sanzione
2) confisca del prezzo o del profitto del reato
3) sanzioni interdittive, per esempio: interdizione dall’esercizio dell’attività, sospensione o revoca delle autorizzazioni, divieto di pubblicizzare beni o servizi… In questo caso il Giudice può anche disporre che sia pubblicata la sentenza di condanna sui giornali, per estratto o per intero.
Studio Palombarini e Mantegazza: assistenza legale ad imprese, associazioni e organizzazioni in caso di reato ai sensi del d.lgs. 231
Lo Studio Palombarini e Mantegazza offre consulenza e assistenza legale in diritto del lavoro ed è a disposizione di imprese, associazioni ed Enti per assisterli sia in fase preventiva (adozione delle misure di sicurezza atte ad evitare la commissione dei reati, e istituzione dell’organismo di vigilanza) sia in caso di procedimenti per l’accertamento della responsabilità per reati commessi da soggetti apicali, o da loro sottoposti, ai sensi del d.lgs. 231 del 2001.
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