Riforma fornero

Il Ministero del lavoro ha emanato una nuova circolare, n.7258 del 22.04.2013, sulla riforma Fornero illustrando gli orientamenti interpretativi emersi e condivisi in occasione degli incontri tenuti nel mese di Febbraio, organizzati dalla Direzione Generale per l’attività ispettiva e il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro.

I temi trattati riguardano le novità introdotte dalla riforma in materia di contratti a termine, contratti intermittenti, lavoro accessorio, contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto, la responsabilità solidale negli appalti e la nuova procedura di conciliazione prevista per il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
In particolare, esamineremo i chiarimenti forniti in tema di contratto a termine, apprendistato, contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto e per la procedura di conciliazione.

Per quanto riguarda il lavoro a termine si precisa che laddove si sia in presenza di un contratto che non presenti gli elementi di specialità previsti dal legislatore, sia di natura formale che sostanziale, il rapporto di lavoro si intende ricondotto alla forma comune del tempo subordinato e a tempo indeterminato.
Inoltre, è possibile stipulare un contratto a termine acausale solo qualora tra il medesimo datore di lavoro e il medesimo lavoratore non siano intercorsi precedenti rapporti di lavoro di natura subordinata; nel caso di pregressi rapporti fra le parti di natura autonoma, è possibile ricorrere al contratto a termine acausale. Si ribadisce che non è possibile prorogare il primo contratto acausale, ma si prevede la possibilità di utilizzare “periodi cuscinetto” di 30 o 50 giorni, anche in relazione al primo contratto acausale, durante i quali il contratto a termine non si converte in contratto a tempo indeterminato.

Qualora il contratto prosegua di fatto oltre il 30° o 50° giorno si prevede la applicazione della maxi-sanzione per lavoro nero, a partire dal 31esimo o dal 51esimo giorno, salvo il riscontro delle scriminanti di cui alla circ. 38/2010.
Viene poi specificato che non si prevede alcuna conseguenza sanzionatoria nel caso di mancata osservanza dell’obbligo di comunicazione della prosecuzione del rapporto (o nel caso di ritardato invio), in quanto non espressamente prevista.

In merito al rispetto degli intervalli temporali tra un contratto a termine ed il successivo, si precisa che tale obbligo vale per ogni tipologia di contratto a termine indipendentemente dalla causale applicata, fatta eccezione per i contratti a termine stipulati con soggetti iscritti alle liste di mobilità. Il Ministero ribadisce infine quanto già espresso in ordine alla possibilità di riduzione degli intervalli ad opera della contrattazione collettiva nazionale, territoriale o aziendale anche in ipotesi diverse ed ulteriori rispetto a quelle legate a processi organizzativi che, sottolinea il Ministero, devono essere esplicitati dalla contrattazione collettiva.

Per quanto concerne il superamento del periodo massimo di occupazione a tempo determinato, fissato in 36 mesi, nei casi di somministrazione di lavoro si esclude la conversione del rapporto ai sensi dell’art. 22, comma 2, d.lgs. 276/2003.
Infine il Ministero precisa che, qualora dopo un primo contratto a termine si assuma il medesimo lavoratore con un contratto intermittente, tale condotta potrebbe integrare la violazione di una norma imperativa (art. 1344 c.c.) e, dunque, trattandosi di un contratto in frode alla legge, lo stesso sarebbe nullo e si avrebbe la trasformazione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

In merito al contratto di apprendistato, il Ministero precisa che laddove manchi la possibilità di registrare la formazione sul libretto formativo, si può utilizzare anche un registro in uso presso il datore di lavoro, senza particolari formalità, che sarà oggetto di verifica da parte del personale ispettivo. Per quanto concerne, poi, eventuali sanzioni connesse a violazioni delle disposizioni afferenti alla figura del tutor, si precisa che le stesse hanno natura amministrativa e non riverberano effetti sul rapporto di apprendistato. Di conseguenza, in caso di inadempienze non trova dunque applicazione automaticamente applicazione la sanzione di cui all’art. 7, comma 1, D.Lgs. n. 167 del 2011 per mancata formazione dell’apprendista, in quanto in tali ipotesi appare necessaria la puntuale verifica circa i contenuti e le modalità previste dal contratto collettivo concernenti il ruolo assegnato al tutor.

Sul contratto di collaborazione continuativa a progetto il Ministero precisa che il progetto può rientrare anche nel core business dell’azienda e nel suo ciclo produttivo, ma non puo’ limitarsi a sintetiche e generiche formulazioni standardizzate che identificano la ragione sociale descritta nella visura camerale del committente. Circa il compenso, viene poi escluso che sia possibile parametrarlo al tempo impiegato per la realizzazione dell’attività, in quanto viene erogato in relazione al raggiungimento del risultato finale. L’elemento temporale rileva comunque ai fini della valutazione circa la congruità dell’importo attribuito al collaboratore sulla base del contratto collettivo di riferimento.

In ordine, poi, alla elencazione delle attività di cui alla Circ. n. 29 del 2012 “difficilmente inquadrabili” nel lavoro a progetto genuino, il Ministero osserva che detta indicazione non rappresenta alcun indice presuntivo di carattere generale in ordine ai criteri distintivi tra attività di lavoro autonomo e subordinato, operando esclusivamente sotto il profilo della metodologia ispettiva.

Infine, il Ministero chiarisce alcuni punti della procedura di conciliazione prevista nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Laddove il datore di lavoro non si presenti alla convocazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro, si redigerà il verbale di mancata presenza e la procedura si considera espletata. Il datore di lavoro comunque ha la possibilità di farsi rappresentare da professionisti muniti di delega autenticata (avvocati e consulenti del lavoro).
È possibile altresì presentarsi in DTL muniti di accordo raggiunto in precedenza in sede sindacale, in tal caso la DTL espleta attività notarile verificando attentamente l’accordo medesimo.

Infine, il Ministero afferma che la procedura conciliativa non si applica ai casi di licenziamento ad nutum, in quanto questi ultimi non rientrano nel campo di applicazione di cui all’art. 7, l.604/1966. Pertanto, sono esclusi da detta procedura: i licenziamenti in prova, di dirigenti di azienda, intimati per superamento del periodo di comporto e dell’apprendista al termine del periodo formativo.

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