Quando pagare la tassa di successione? Qual è l’importo corretto? Chi riceve un’eredità o una donazione deve pagare un’imposta – la tassa di successione – che è spesso molto onerosa. Di recente, però, è stata emanata una norma – la legge 212 del 27 marzo 2020 – che riconosce il diritto dei contribuenti ad essere tutelati nei confronti del Fisco.

È una norma poco nota ma che offre diversi strumenti di tutela.

Lo Studio Legale Palombarini è a disposizione di chi ha ricevuto una eredità o una donazione e vuole capire come proteggere i suoi diritti nei confronti del Fisco.
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Legge 212 del 27 marzo 2020: riepilogo degli articoli più importanti

La legge n. 212 del 27 marzo 2000 (“disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”), contiene una serie di norme volte a tutelare il contribuente nei confronti del fisco:

  • L’art. 1 dichiara che le disposizioni in essa contenute costituiscono princìpi generali dell’ordinamento tributario e possono essere modificate o derogate solo espressamente e mai mediante leggi speciali.
    Le disposizioni danno attuazione a diverse norme costituzionali, tra cui l’art. 3 della Costituzione, espressione del principio di uguaglianza, l’art. 23, in virtù del quale nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge, l’art. 53, che stabilisce che tutti sono tenuti a contribuire alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva e che il sistema tributario è fondato sul criterio della progressività, e l’art. 97, contenente il principio di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, oltre al dovere delle pubbliche amministrazioni di assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.
  • L’art. 3 stabilisce il principio di irretroattività delle norme in essa contenute. Le disposizioni tributarie, infatti, non hanno effetto retroattivo e, relativamente ai tributi periodici, “le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono”. Inoltre, il comma 3 del medesimo articolo prevede che i termini di prescrizione e decadenza per gli accertamenti di imposta non possano essere prorogati.
  • È rilevante anche la disposizione contenuta nell’art. 4, secondo cui non può essere utilizzato lo strumento del decreto legge per istituire nuovi tributi o prevedere l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti.
  • In tema di conoscenza degli atti e semplificazione, il comma 3-bis dell’art. 6 contiene un’importante previsione, cioè che “i modelli e le relative istruzioni devono essere comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria”. L’amministrazione finanziaria deve inoltre impegnarsi ad assicurare che il contribuente possa ottemperare ai propri obblighi mediante il minor numero di adempimenti e nelle forme meno costose e più agevoli.
  • Il comma 4 dell’art. 6 prevede che al contribuente non possano essere richiesti documenti e informazioni di cui l’amministrazione finanziaria o altre amministrazioni pubbliche siano già in possesso.
    I documenti e le informazioni vengono infatti acquisiti ai sensi dell’art. 18 commi 2 e 3 della L. 241/1990, secondo cui essi “sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L’amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti. Parimenti sono accertati d’ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare”. Un ulteriore richiamo alla legge sul procedimento amministrativo è contenuto all’art. 7 della L. 212/2000, che prevede che gli atti dell’amministrazione finanziaria siano motivati secondo quanto previsto dall’art. 3 della L. 241/1990. La motivazione deve contenere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione e, se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, quest’ultimo deve essere allegato.
  • Oltre che motivati, gli atti dell’amministrazione finanziaria devono essere chiari. In tal senso l’art. 7 prosegue indicando il loro contenuto tassativo.
    Gli atti devono indicare tassativamente:
  • l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento;
  • l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela;
  • le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili.Inoltre, ai sensi del comma 4 dell’art. 7, “la natura tributaria dell’atto non preclude il ricorso agli organi di giustizia amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti”. Il contribuente poi non è tenuto, ex art. 8 comma 5, a conservare atti e documenti, a fini tributari, per più di dieci anni dalla loro emanazione o formazione. 


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  • Un ulteriore principio fondamentale contenuto nello statuto dei contribuenti è quello che concerne la tutela dell’affidamento e della buona fede, previsto all’art. 10. I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria devono fondarsi sulla collaborazione e sulla buona fede. Pertanto, in caso di errori del contribuente, i commi 2 e 3 del suddetto articolo stabiliscono che “non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condizione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”.
  • L’art. 10-bis disciplina l’abuso del diritto e l’elusione fiscale. In particolare è previsto che configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, sebbene formalmente conformi alle norme fiscali, realizzano vantaggi fiscali indebiti. L’amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d’ufficio, in relazione a due elementi, previsti dal comma 2 dell’art. 10-bis:

1) la sussistenza di operazioni prive di sostanza economica, come i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato;

2) i vantaggi fiscali indebiti, cioè i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario.

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  • Il contribuente, invece, ha l’onere di dimostrare l’esistenza delle ragioni extrafiscali di cui al comma 3 dell’art. 10-bis, cioè quelle ragioni anche di ordine organizzativo o gestionale che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente, che giustifichino le operazioni.
  • Infine, un’ulteriore fondamentale previsione è costituita dal diritto d’interpello, ex art. 11 della L. 212/2000. Il contribuente può interpellare l’amministrazione per ottenere una risposta in merito a situazioni personali e concrete in relazione:
  • all’applicazione di norme tributarie quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla loro corretta interpretazione;
  • alla sussistenza delle condizioni e alla valutazione dell’idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti;
  • all’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie.
    Il contribuente può interpellare l’amministrazione finanziaria anche per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi.

Gli articoli successivi disciplinano le modalità degli accessi, delle ispezioni e delle verifiche fiscali nei locali presso cui il contribuente esercita la propria attività, in modo che vengano rispettati i suoi diritti e le sue garanzie. Viene previsto che in ogni direzione regionale delle entrate e direzione delle entrate delle province autonome sia istituito il Garante del contribuente. Si tratta di un organo monocratico scelto e nominato dal presidente della commissione tributaria regionale, o da una sua sezione distaccata, tra varie personalità, tra cui magistrati, professori universitari di materie giuridiche ed economiche, notai, ecc.

Passiamo ora da queste norme tributarie generali ad un tema specifico: le disposizioni sull’imposta sulle successioni e donazioni, contenute nel D.Lgs. n. 346 del 31 ottobre 1990. L’imposta sulle successioni e donazioni, già soppressa dagli articoli da 13 a 17 della L. 383/2001, è stata nuovamente istituita dal comma 47 dell’art. 2 del D.L. 262/2006.

Immagine che raffigura una coppia di anziani coniugi
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  • In particolare, l’art. 28 del D.Lgs. 346/1990 disciplina la dichiarazione della successione, che deve essere resa obbligatoriamente dai chiamati all’eredità e dai legatari o dai loro rappresentanti legali, anche nel caso di apertura della successione per dichiarazione di morte presunta, da coloro che sono immessi nel possesso temporaneo dei beni dell’assente, dagli amministratori dell’eredità, dai curatori delle eredità giacenti e dagli esecutori testamentari. Ai sensi del comma 7 dell’art. 28 del suddetto decreto legislativo, “non vi è obbligo di dichiarazione se l’eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto e l’attivo ereditario ha un valore non superiore a euro centomila e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari, salvo che per effetto di sopravvenienze ereditarie queste condizioni vengano a mancare”.
  • La dichiarazione della successione può essere presentata all’ufficio del registro competente dell’Agenzia delle Entrate o spedita mediante raccomandata e deve essere redatta, a pena di nullità, attraverso i moduli forniti dall’ufficio del registro o conformi al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Qualora più soggetti siano obbligati alla stessa dichiarazione questa non si considera omessa se presentata da uno solo. Si considera, invece, omessa la dichiarazione nulla.
  • Sono esonerati dall’obbligo di rendere la dichiarazione, ex comma 5 art. 28, I chiamati all’eredità e i legatari se, anteriormente alla scadenza del termine stabilito nell’ 31 del D.Lgs. 346/1990, hanno rinunciato all’eredità o al legato o, non essendo nel possesso dei beni ereditari, hanno chiesto la nomina di un curatore dell’eredità ai sensi dell’art. 528 comma 1 c.c.
  • Il comma 6 stabilisce espressamente che “se dopo la presentazione della dichiarazione della successione sopravviene un evento, diverso da quelli indicati all’ 13, comma 4, e dall’erogazione di rimborsi fiscali che dà luogo a mutamento della devoluzione dell’eredità o del legato ovvero ad applicazione dell’imposta in misura superiore, i soggetti obbligati, anche se per effetto di tale evento, devono presentare dichiarazione sostitutiva o integrativa”.
  • Sulla base della dichiarazione presentata, viene liquidata dall’ufficio territoriale competente l’imposta di successione.