LA CASSAZIONE CHIARISCE CHE DECORSI INVANO I TERMINI PER LA CHIAMATA TESTAMENTARIA SI DA LUOGO ALLA SUCCESSIONE LEGITTIMA, A MENO CHE IL TESTATORE NON ABBIA ESPRESSO LA VOLONTA’, NEL TESTAMENTO, DI ESCLUDERE L’EREDE DALLA SUCCESSIONE.
Con la sentenza numero 22195 del 2014, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla devoluzione dell’eredità per legge, nel caso in cui gli eredi testamentari non abbiano accettato l’eredità entro il termine stabilito.
Nel caso concreto, una donna aveva istituito eredi tramite testamento i suoi figli, estromettendo il marito. Decorso invano il termine per accettare, il marito presentava al Tribunale un’istanza per la devoluzione in suo favore dei beni della moglie. Il Tribunale rigettava l’istanza, ordinando la devoluzione di suddetti beni allo Stato.
Il marito appellava allora con successo la pronuncia. Secondo la Corte d’Appello, infatti, divenuta inefficace la chiamata per testamento, in mancanza di disposizioni per la sostituzione e non avendo luogo la rappresentazione, si apriva la successione legittima ai sensi dell’art. 523 c.c. a favore del coniuge, erede legittimo; era irrilevante il mancato esercizio, da parte di costui, dell’azione di riduzione che sarebbe stata esperibile solo nel caso in cui avesse avuto luogo la successione testamentaria con lesione della quota di riserva.
Lo Stato, in persona del Ministro dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia del Demanio ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello, sostenendo che il testatore aveva disposto con testamento della totalità del suo patrimonio e pertanto era esclusa la possibilità che si aprisse la successione legittima, in quanto il concorso tra successione legittima e testamentaria è ammesso solo quando le disposizioni testamentarie riguardino una parte del patrimonio e non anche quando il coniuge è legittimario pretermesso; quest’ultimo può agire solo con l’azione di riduzione e diviene erede solo a seguito del suo favorevole espletamento.
Secondo la Cassazione, però, il motivo è manifestamente infondato.
La perdita del diritto di accettare l’eredità ex art. 481 c.c. comporta la perdita della qualità di chiamato all’eredità. Di conseguenza non si verifica la coesistenza di una successione testamentaria e di una successione legittima, ma si apre esclusivamente la successione legittima e l’eredità, ai sensi dell’art. 457 c.c., si devolve per legge; occorre farsi luogo alla successione legittima, quando manca in tutto o in parte quella testamentaria.
La Corte sostiene che è possibile l’esclusione dalla successione legittima, ma solo in presenza di una accertata volontà del testatore in tal senso per il caso in cui fosse divenuta inefficace quella testamentaria, ma una tale clausola non risultava nel testamento in questione, né nelle fasi di merito era stata discussa l’interpretazione delle disposizioni testamentarie sotto il profilo della volontà di escludere il coniuge dalla successione legittima e né tale volontà poteva desumersi dalla circostanza che la madre aveva lasciato tutto il patrimonio ai figli suoi e del marito.