Con la sentenza 9180/2014 la Corte di Cassazione è intervenuta in merito alla problematica dell’assoggettabilità delle somme erogate a titolo transattivo dal datore di lavoro al lavoratore ai contributi previdenziali.

La Corte di appello di Catanzaro, riformando la sentenza di primo grado, aveva accolto l’opposizione proposta dal datore di lavoro avverso il decreto emesso dal Giudice del lavoro di Catanzaro per il pagamento di contributi, sanzioni e somme aggiuntive sugli importi che l’opponente aveva corrisposto ai lavoratori in esecuzione di transazioni intervenute tra le parti.

Secondo la Corte di appello, premesso che le somme corrisposte dal datore di lavoro al dipendente in esecuzione di un contratto di transazione non sono dovute in dipendenza del contratto di lavoro, ma appunto del contratto di transazione, l’INPS può azionare il credito contributivo solo provando, con qualsiasi mezzo ed anche in via presuntiva dallo stesso contratto di transazione e dal contesto dei fatti in cui è inserito, quali siano le somme assoggettabili a contribuzione, ciò che nel caso di specie non era avvenuto, non avendo l’Inps assolto al proprio onere probatorio.

L’ente previdenziale proponeva quindi ricorso in Cassazione lamentando la violazione dell’art. 12 L. n. 153 del 1969, che nella sua originaria formulazione, applicabile al caso di specie, stabiliva che, “per la determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale, si considera retribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in danaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza del rapporto di lavoro”. 

Restavano escluse dalla retribuzione imponibile le somme corrisposte al lavoratore per i titoli tassativamente elencati nella stessa norma. 

Secondo la Corte di Cassazione il ricorso dell’Inps va accolto.

Infatti, la retribuzione, considerata dal legislatore ai fini contributivi, non coincide con quella generalmente data ai fini della disciplina del rapporto di lavoro subordinato (art. 2099 c.c.), tant’è che il legislatore con la locuzione “tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in dipendenza del rapporto di lavoro” ha adottato il principio di causalità, ampliando sostanzialmente il normale concetto di retribuzione.

Il concetto di retribuzione imponibile pertanto supera il principio di corrispettività, dal momento che comprende non soltanto gli emolumenti corrisposti in funzione dell’esercizio di attività lavorativa, ma anche gli importi, che, pur senza trovare riscontro in una precisa ed eseguita prestazione lavorativa, costituiscono adempimenti di obbligazioni pecuniarie imposte al datore di lavoro da leggi o da convenzioni nel corso del rapporto di lavoro ed aventi titolo ed origine dal contratto di lavoro, restando escluse le erogazioni derivanti causa autonoma (Cass. Sez. Un. n. 3292 del 1985). 

Allo stesso tempo l’elencazione da parte della L. n. 153 del 1969, art. 12, degli emolumenti esclusi, in tutto o in parte, ai fini del computo dei contributi previdenziali ha carattere esplicitamente tassativo e non sono quindi ammissibili analogie ed equiparazioni, se non nei limiti puntualmente individuati da successive disposizioni. 

Ne consegue cheal fine di valutare se siano assoggettabili a contribuzione obbligatoria le erogazioni economiche corrisposte dal datore di lavoro in favore del lavoratore in adempimento di una transazione, non è rilevante la circostanza che tali somme siano pervenute al lavoratore in adempimento di un accordo transattivo, dovendosi valutare più approfonditamente non solo se manchi uno stretto nesso di corrispettività, ma se risulti un titolo autonomo, diverso e distinto dal rapporto di lavoro, che ne giustifichi la corresponsione, in quanto occorre tener conto sia del principio secondo il quale tutto ciò che il lavoratore riceve, in natura o in denaro, dal datore di lavoro in dipendenza e a causa del rapporto di lavoro rientra nell’ampio concetto di retribuzione imponibile ai fini contributivi (L. n. 153 del 1969, ex art. 12) sia della assoluta indisponibilità, da parte dell’autonomia privata, dei profili contributivi che l’ordinamento collega al rapporto di lavoro (Cass. n. 11289 del 2003).

Il rapporto assicurativo e l’obbligo contributivo ad esso connesso sorgono infatti con l’instaurarsi del rapporto di lavoro, ma sono del tutto autonomi e distinti, nel senso che l’obbligo contributivo del datore di lavoro verso l’istituto previdenziale sussiste indipendentemente dal fatto che gli obblighi retributivi nei confronti del prestatore d’opera siano stati in tutto o in parte soddisfatti, ovvero che il lavoratore abbia rinunciato ai suoi diritti (Cass. 15 maggio 1993, n. 5547; 13 aprile 1999, n. 3630).

La Corte, pertanto, con questa sentenza ribadisce il principio secondo il quale in tema di obbligo contributivo previdenziale, la transazione intervenuta tra lavoratore e datore di lavoro è estranea al rapporto tra quest’ultimo e l’INPS, avente ad oggetto il credito contributivo derivante dalla legge in relazione all’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato (Cass. n. 17670/2007).